Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 45 - ottobre 1993

sto di concorrere, in modo adeguato e proporzionato alle capacità reddituali, agli ingenti costi dell'istruzione universitaria; 7. Se il sapere promuove la persona sul piano umano e sociale, il lavoro costituisce il presupposto stesso del «far parte» della comunità civile; la mancanza del lavoro produce esclusione e quindi un'intollerabile perdita di identità personale, familiare e sociale. Sempre e in ogni situazione la promozione della piena occupazione rientra fra i compiti primari di uno Stato che ha esteso la sua area di intervento alla garanzia del godimento dei diritti sociali di cittadinanza; ma oggi l'occupazione costituisce il più grave e drammatico problema da affrontare e deve esser assunto come discriminante nelle scelte di politica economica, anche per evitare incontrollabili fenomeni disgregativi della coesione sociale. Le politiche pubbliche vanno dunque valutate e verificate in ordine alla loro capacità di accrescere occupazione reale. È fuori dubbio che urgono politiche monetarie e fiscali di incentivazione della ripresa economica, accompagnate e stimolate anche da adeguati investimenti pubblici. Occorre favorire l'incontro fra domanda e offerta di lavoro con una politica di valorizzazione delle risorse umane, da realizzarsi mediante processi di formazione e di riqualificazione permanente, rapportati al mutamento delle abitudini professionali richieste dalle trasformazioni tecnologiche. La stessa politica retributiva - in particolare con la rivalutazione, in termini monetari e di riduzione di orario, dei lavori più gravosi e meno gratificanti - può concorrere ad un maggior equilibrio del mercato del lavoro e contenere i fenomeni abnormi della corsa al posto pubblico. Resta comunque il fatto che, storicamente, solo grazie alla progressiva riduzione dei tempi di lavoro si è impedito fin qui che lo sviluppo tecnologico e l'aumento della produttività distruggessero via via posti di lavoro. {)!.LBIANCO ~ILROSSO •1•1AA!•M;I Oggi, l'ingresso in un mercato mondializzato di paesi con bassi costi di produzione, la convenienza ad investire nell'Est europeo, una pressione immigratoria regolabile, ma non arrestabile, insieme con l'accelerazione dell'innovazione tecnologica e con i conseguenti incrementi della produttività, rendono non prevedibile il ritorno alla piena occupazione, anche dopo l'uscita dal tunnel della recessione. Occorre dunque impostare - ben oltre l'esperienza dei contratti di solidarietà per le aziende in crisi e possibilmente con respiro europeo - un processo generale di redistribuzione della risorsa lavoro, all'insegna del «lavorare meno per lavorare tutti», con corrispondente riduzione delle retribuzioni. Lo esigono le ragioni dell'equità e della solidarietà. Alle riduzioni retributive, nei casi in cui determinino un eccessivo abbassamento del potere di acquisto familiare, si deve far fronte adeguando gli istituti di ridistribuzione del reddito. 32 La riduzione e la flessibilità del tempo di lavoro nell'arco della vita rispondono anche all'emergente domanda - soprattutto da parte delle famiglie e in particolare delle donne - di disporre più ampiamente della risorsa tempo. La contrattazione è strumento primario per l'adozione di nuovi regimi di orario, ma va favorita e accompagnata modificando legislativamente le ragioni di convenienza economica sia dei lavoratori che delle imprese (penalizzazione delle ore di lavoro al di sopra di una certa soglia, incentivi per regimi flessibilie per il part-time, ecc.). 8. La politica di perequazione sociale si scontra oggi - e non solo in Italia - con la crisi dello Stato sociale: che attiene al suo funzionamento e al suo finanziamento. La risposta conservatrice a questa crisi è la tesi della «proiezione minimale»: lo Staio restringe il suo campo d'intervento e assicura la copertura solo di pochi bisogni essenziali (l'ospedale, un minimo pensionistico, ecc.); per il resto, incentiva il ricorso al mercato. È una risposta che riduce di poco la spesa e non stimola il miglioramento qualitativo dei servizi mediante la concorrenza fra pubblico e privato (l'apparato produttivo pubblico è rigido, basalo, com'é, sul rapporto di pubblico impiego e difficilmente si ridimensiona anche se perde utenti). Ma soprattutto verrebbero a crearsi due mercati, con scadimento qualitativo del sistema pubblico e con conseguente accentuazione della disuguaglianza fra i cittadini. Pur non essendo nato da una programmazione organica, lo Stato sociale in Italia non può esser interessatamente identificato dagli avversari con le sue degenerazioni assistenzialisticoclientelari; esso è arrivato a soddisfare - pur con tutte le sue deficienze - un'ampia gamma di bisogni, configurandosi come risposta complessiva ai diritti sociali di cittadinanza. Una volta realizzata l'offerta universalistica di prestazioni e di servizi a tutti i cittadini, questa non può essere smantellata o ridotta semplicisticamente, senza andare incontro a conseguenze sociali devastanti.

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