la società è elemento costitutivo dell'uguaglianza fra i cittadini. 4. Nell'ambito di un'economia e di una società dinamiche ed efficienti, la politica sociale deve combattere i privilegi e puntare a realizzare il massimo di uguaglianza possibile. Ciò non significa semplicemente assicurare la pur necessaria assistenza ai poveri e agli emarginati. Comporta un complesso e organico sistema di redistribuzione delle risorse. Strumento principe per la ridistribuzione del reddito, oltre che per il finanziamento dello Stato, è la leva fiscale. Essa è da considerarsi come forma primaria di solidarietà fra i cittadini. Equità del prelievo, semplificazione del sistema, lotta all'evasione sono impegni discriminanti per le forze progressiste. Tuttavia il sistema fiscale, anche adeguatamente riformato, non è sufficiente per determinare la perequazione delle condizioni di vita dei cittadini. Oggetto di redistribuzione debbono essere tutte le risorse che concorrono a formare la qualità della vita: istruzione, occupazione, qualità del lavoro, reddito, disponibilità e possibilità di accesso ai servizi sociali, condizioni abitative e ambientali, contesti educativi e relazionali, ecc. Obiettivo della politica sociale - e della sua funzione perequativa - è di garantire a tutti pari opportunità di partenza e di aiutare tutti ad auto-promuoversi. A questo criterio, già acquisito nella cultura liberal-democratica, deve aggiungersi un obiettivo più ambizioso e impegnativo: assicurare a tutti, anche a coloro che per i più vari motivi restano indietro nella corsa della vita, il raggiungimento di un traguardo, il conseguimento di uno zoccolo di benessere; non di un minimo vitale, ma di un'adeguata quota di partecipazione al patrimonio di beni, materiali e immateriali, della società. Solo per questa strada si dà contenuto sostanziale al diritto di cittadinanza sociale. 5. I processi redistributivi debbono partire da una corretta conoscenza D!LBIANCO '-'l, ILROSSO 1u11 --W 1 H;I della stratificazione sociale: essa non vede, alle estremità, due minoranze di poveri e di ricchi con in mezzo un grande corpo di ceto medio sostanzialmente omologato nelle condizioni di vita. La stessa area della povertà presenta volti diversi, dalle miserie estreme e visibili alle povertà silenziose di chi conduce una vita «normale», ma manca o scarseggia di beni primari. Non ci sono, poi, solo gli «ultimi», ma anche i penultimi, i terzultimi, i quartultimi; né questi sono individuabili per categoria: la povertà e la disuguaglianza solcano trasversalmente tutte le categorie della società. Se molti sono i gradini della scala sociale, i processi redistributivi debbono) essere graduati in relazione ai diversi livelli di inferiorità sociale. La politica redistributiva deve adottare razionali criteri tecnici di applicazione. Poiché il 95% degli italiani vive nell'ambito di convivenze di tipo fami31 liare (legali o di fatto), la valutazione delle condizioni di bisogno degli individui non può che usare il «parametro famiglia»: reddito complessivo correlato al numero dei componenti mediante una scala di equivalenza. Ciò non tanto ai fini della valorizzazione dell'istituzione famiglia, ma della mera equità distributiva fra gli individui. Di fronte alla congerie di normative in atto, urge una razionalizzazione dei criteri e una semplificazione delle procedure, con l'uso multiplo di un'unica autocertificazione, con adeguati sistemi di controllo e soprattutto con il computo differenziato dei vari tipi di reddito. 6. Contenuti primari della cittadinanza sociale sono l'istruzione e il lavoro. Il sapere si configura sempre più come fattore di promozione umana e di arricchimento della qualità sociale; ma il livello di istruzione è anche elemento di discriminazione dal punto di vista dello status sociale, oltre che canale di accesso a tipi diversi di lavoro. Perciò la politica dell'istruzione deve proporsi la riqualificazione del servizio e l'eliminazione degli sprechi, ma, nello stesso tempo, anche la riduzione delle disuguaglianze fra i cittadini. Le disfunzioni del nostro sistema di istruzione, formazione e ricerca, oltre a ritardare la ripresa, penalizzano gravemente le fasce sociali più svantaggiate, come dimostra l'analisi delle uscite dai percorsi scolastici. Efficienza ed equità sociale esigono, insieme ad un rinnnovato investimento politico e culturale per l'innovazione del sistema di istruzione pubblica, l'assunzione come obiettivo primario del prolungamento di almeno due anni della scuola dell'obbligo e della sua riqualificazione. Occorre realizzare una nuova e più moderna politica per il diritto allo studio, che garantisca - in conformità al dettato costituzionale - ai capaci e meritevoli, ancorché privi di mezzi, l'accesso ai più alti gradi degli studi. Non ha invece alcuna giustificazione la quasi gratuità per tutti degli studi universitari, che si risolve - di fatto - in ulteriore beneficio per i ceti abbienti. A questi ultimi va chie-
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