D.!J, BIANCO Oil..ILROSSO iii•iiliM de essenziali per il futuro cammino della giustizia sociale nella rimozione delle cause che rafforzano la radice mafiosa, soprattutto nei quartieri: 1) Costruire un nuovo Stato sociale. Si deve denunciare chiaramente che si sta smantellando il sistema della sicurezza e della promozione sociale e si impedisce la nascita di positive alternative al dominio della mafia. Non si brucia insomma sulle piazze lo Stato sociale per sperimentare qualcosa di migliorativo. Si vorrebbe tornare all'assistenza privata, per cui chi ha reddito è garantito mentre gli altri si debbono accontentare del puro assistenzialismo, di qualche sussidio della povertà, e debbono confidare nella capacità dei signorotti mafiosi di dare risposta, o nella bontà del volontariato. Il volontariato non ci deve stare, neanche quando viene osannato proprio da chi poi vorrebbe scaricargli addosso tutta la gestione residuale delle politiche sociali. Bisogna invece mettere dentro i quartieri operatori sociali, animatori di strada e di comunità, servizi sociali funzionanti, organizzare corsi di formazione e dare alla gente la possibilità di lavorare onestamente in attività produttive e non assistenzialistiche. In questo caso, anche il volontariato (come pure la cooperazione e l'associazionismo) farebbe bene la sua parte di collaborazione e di integrazione per innovare, anticipare, sperimentare. 2) Impegnarsi soprattutto per realizzare nuove relazioni di comunità. La 11ostrasocietà produce emarginazione e cultura mafiosa perché nel territorio è carente di relazioni. Nei condomini la gente non si conosce, i quartieri sono solo degrado o dei dormitori. Gli anziani non hanno solo bisogno di una sanità che funzioni e di una as20 sistenza domiciliare, hanno anche una forte esigenza di socialità: partecipare, frequentare la città, impegnarsi culturalmente e politicamente. Questo ragionamento vale.per tutti: senza nuove relazioni di comunità esistenziale, economica, politica non freneremo il degrado e l'emarginazione. Ciò richiede un volontariato capace di coinvolgere nella propria attività le persone in difficoltà o in condizione di emarginazione con cui si fanno esperienze di accoglienza, condivisione, animazione. 3) Dare un contributo alla realizzazione di una nuova interdipendenza mondiale. C'è ormai un chiaro nesso tra le condizioni di emarginazione e l'incapacità degli attuali modelli di sviluppo di rimuovere le cause del potere mafioso. Non si tratta di produrre un generico impegno politico, ma impegnarsi realmente nel rinnovamento dei valori, dei contenuti, del linguaggio, delle regole politiche ed economiche che impediscono al «villaggio mondo» di essere ricco di pace, giustizia e salvaguardia del creato. Sul territorio ciò si traduce nel promuovere un'educazione popolare alla nonviolenza, alla mondialità e alla sperimentazione concreta di attività economiche di lavoro imprenditoriale legato al commercio equo e solidale con i paesi del Sud del mondo. Certo sarebbe veramente grave se il volontariato venisse lasciato solo in questo lavoro. Battendo invece nuove strade potremmo parlare di vero contrasto nei confronti della mafia. Andare alle sue radici è possibile. Non disperdiamo il profondo messaggio di speranza e di vita che con la sua testimonianza don Peppino ci ha lasciato.
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