Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 45 - ottobre 1993

{)!LBIANCO ~ILROSSO Islamd'Italiau:napresenza chevienedalontano di Stefano Allievi Premessa L'Islam è ormai diventato la seconda religione presente in Italia. Nel silenzio degli attori, nella distrazione degli osservatori, si è operato in pochissimi anni un cambiamento che, pur nella ancora relativamente esigua dimensione numerica, non possiamo non considerare, a suo modo, storico. L'Islam è arrivato in Italia, come in altri paesi d'Europa, chiuso nelle valigie degli immigrati. Nella modestia dei mezzi anche culturali, quindi, e in silenzio. Nient'altro che un elemento, per quanto importante, di un'identità culturale e religiosa, che chi partiva si portava con sé in terra di emigrazione. Ma un'identità che si è mostrata, nel complesso, insospettabilmente forte, anche se chi ne era portatore apparteneva alla fascia più debole e deprivata della stratificazione sociale. Un'identità che non è stata dimenticata, e che poco alla volta ha cominciato ad affacciarsi nel panorama sociale, a mostrarsi anche in pubblico. Prima nei comportamenti di singoli individui: in un uomo che prega nell'aiuola di una piazza, in una donna velata che si incontra al mercato, in un bambino per il quale, a scuola, si chiede l'esonero dall'ora di religione, o una dieta particolare a mensa. E poi nelle prime manifestazioni collettive: la festa della rottura del digiuno di ramadan celebrata in un campo sportivo, o la presenza caratterizzata dei lavoratori musulmani a una manifestazione sindacale o antirazzista - inusuale anche nelle sue forme, con l'interruzione per la preghiera che suscita talora qualche sconcerto. Infine, con l'apparizione delle prime moschee. Meno ambiziose e meno ostentatamente visibili di quella romana di Mon15 te Antenne, ma in compenso disseminate un po' su tutto il territorio nazionale. L'Islam d'Italia è ancora molto poco conosciuto. Il fenomeno è in effetti molto recente - uno statu nascenti. Lo stesso ciclo migratorio italiano è stato, e in parte è ancora, molto diverso da quello che hanno vissuto i paesi del centro e del nord Europa. Non si può dimenticare che l'Italia era ancora, praticamente fino a venti anni fa, un paese esportatore di manodopera: il turning point, per limitarsi agli italiani, cioè l'anno in cui per la prima volta i rientri hanno superato le partenze di emigranti, è stato per l'appunto il 1973. E i flussi migratori principali, quelli che ci hanno davvero portato a convivere con delle minoranze non trascurabili di stranieri provenienti da svariati paesi in via di sviluppo (extracomunitari come li definisce un gergo impreciso e falsamente rispettoso; ma anche l'espressione «in via di sviluppo» non è del resto che un ipocrita eufemismo), sono ancora più recenti. La vera immigrazione, in fondo, l'immigrazione come fatto sociale visibile, ha poco più di un decennio. Se diverso è il ciclo migratorio, non meno diverso è quello che potremmo definire ciclo musulmano, ricavabile al suo interno. L'Islam infatti arriva in Italia proprio a seguito dell'immigrazione. Non c'è una tradizione di rapporti coloniali o neo-coloniali con paesi islamici, simili a quelli intercorsi tra la Francia e l'Algeria (la cui indipendenza risale solamente al 1962) o tra la Gran Bretagna e i paesi dell'eximpero e oggi Commowealth britannico. Né c'è una presenza islamica come quella che data oltre un secolo negli eserciti di vari paesi europei, dalla Francia di Napoleone alla Prussia di Federico il Grande (e in questo caso i secoli

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