{)!LBIANCO ~ILROSSO J;ilklil•ii Servizsi egreti3: 0anni diambiguitàetradimenti di Giuseppe De Lutiis L e cronache degli ultimi trent'anni ci offrono un panorama desolante di quelle che vengono comunemente chiamate «deviazioni» dei Servizi segreti, e cioè in concreto di interventi a protezione di autori di stragi, procurate fughe all'estero di presunti responsabili, depistaggi di magistrati e persino dell'organizzazione di piani operativi di colpi di Stato. Otto stragi, quattordici attentati a treni, tre colpi di Stato condotti fino ad un minuto prima dell'ora «X», e anche oltre: questo un bilancio sommario di quindici anni di strategia della tensione, propiziata dai servizi segreti tra il 1969e il 1984. Per ciascuna delle otto stragi si sono svolte fino a sette distinte Istruttorie: ebbene, in nessuna delle inchieste i Servizi segreti hanno cooperato con i magistrati che indagavano fra mille difficoltà, anzi in quasi tutte sono intervenuti con atti di aperto sabotaggio. Se tutti questi interventi sono stati effettuati per impedire che determinate istruttorie proseguissero sulla strada che avevano intrapreso, evidentemente la via era giusta, e vi erano cose che non dovevano - e non devono - essere conosciute. Non avrebbe avuto alcun senso logico sabotare Istruttorie che avevano imboccato strade sbagliate, che non avrebbero portato alla scoperta di alcunché. A questo punto, ogni risposta che ruoti intorno al concetto di «deviazione, di «degenerazione» mostra tutta la sua inconsistenza. Non è infatti pensabile che tanti episodi di inquinamento si possano ripetere per un periodo di tempo così rilevante senza che vi sia una strategia politica. Né può essere casuale che in tutti gli episodi di affermata «deviazione» negli anni settanta sia sempre rimasto coinvolto il capo del servizio. Le «deviazioni» dei successori si accavallavano con quelle dei predecessori, al punto che mentre 11 questi ultimi entravano nel fuoco incrociato delle polemiche, i primi iniziavano nuovi cicli di attività deviante. Accadde nel 1968, allorché più virulenta era la disputa sull'attività del Sifar del generale De Lorenzo e contemporaneamente i nuovi dirigenti del servizio - nel frattempo ribattezzato Sid per ostentare una inesistente cesura rispetto al passato - intensificarono quei contatti con il mondo dell'estrema destra che poi avrebbero portato alla strategia della tensione e alle stragi. Accadde di nuovo nel 1973, quando ufficiali dei servizi segreti attivarono l'organizzazione eversiva «Rosa dei venti» mentre infuriava la polemica sulle responsabilità dei servizi per la strage di Piazza Fontana. Ancora nel 1978 i dirigenti dei servizi segreti successivi alla riforma, chiamati a emendare i vecchi organismi, attuarono invece nuove e più gravi forme di illegalità, con l'attività del Supersismi di Santovito e Musumeci. Il procurato fallimento delle Istruttorie sugli ecèidi costituisce dunque un aspetto della stessa strategia delle stragi, è parte di un disegno unico, che non può non ·avere un fine politico e degli ispiratori, interni o internazionali, ma superiori agli stessi servizi, perché nessun generale metterebbe a rischio la propria carriera per proteggere personaggi accusati di strage se non avesse avuto ordini in questo senso, ordini che non potevano essere elusi. Si è chiesto ai servizi segreti italiani qualcosa che andava molto al di là dei loro compiti. Per attuare questa strategia ha operato un meccanismo complesso, che aveva certamente un nucleo importante nei servizi sègreti, ma non solo in essi. Vi erano propaggini negli uffici riservati del Ministero dell'Interno, nell'alta magistratura (non dimentichiamo l'inopinato trasferimento a
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