mento della pubblica amministrazione. Se non lo si risolve, ogni discussione politica ad alto livello è destinata a non avere conseguenze. Mi piace, anzi sono molto contento che Rotelli posso essere d'accordo con me o, viceversa, che io mi possa trovare d'accordo con lui, nonostante le differenti esperienze disciplinari. Un ultimo aspetto fa parte della prima (e ultima) domanda: in quella specie di dado truccato che sono gli atteggiamenti culturali, i modi con cui ogni società reagisce, con una certa particolare risposta, a un problema generale, come viene messa in campo la specifica cultura politica degli italiani. Ecco, su ciò Rotelli parla poco, anche se qua e là ci sono molti punti e molti spunti. Però, è un problema grosso. Se andiamo a vedere ricerche sociologiche non italiane, per esempio Putnam, Making democracy work (l'ultimo suo libro, che sta per essere tradotto, è di straordinario interesse, è sperimentale, empirico: ha preso i dati, è andato a vedere che cosa è successo), oppure se prendiamo storici come Ginsborg, scorgiamo, al fondo, un'idea molto importante, magari criticabile (forse da togliere dal tavolo una volta per tutte, ma forse no): l'idea che il sistema politico italiano ha un certo tipo di funzionamento perché sotto c'è un certo tipo di cultura politica, che è legato a un certo tipo di struttura della famiglia, delle parentele, del rapporto di affiliazione in luogo del rapporto laico, di merito, di mercato. È un elemento che dobbiamo capire. Chi fa le leggi deve tenerne conto. Tutta la filosofia dello Stato italiano, arrivato però adesso a un momento di crisi profonda, è fare le leggi, non per ottenere l'effi- {)!LBIANCO ~ILROSSO L1fMNIJII cienza, ma per evitare la frode. Questa impostazione ha creato ormai tanti meccanismi, trappole, pesi e costi nel controllo da impedire il buon funzionamento. Ma non impedisce, anzi stimola, la frode. Bisogna trovare una soluzione. E cambiare proprio natura. Come? C'è un aneddoto che non so se sia vero, ma è molto bello, anche se non vero. Mi ha raccontato un mio amico antropologo, studioso dell'Inghitlerra, che l'invenzione del «Bobby», il poliziotto di quartiere senza armi, è stata una risposta del governo inglese alla maggior ondata di criminalità dell'Ottocento: anziché dare più armi ai poliziotti, il poliziotto senz'armi, con un effetto eccellente. Se non fosse vero l'episodio, sarebbe vero l'atteggiamento: pensare a unarisposta al problema dell'amministrazione diminuendo i controlli e aumentando la responsabilità. Oltre tutto, un atto di coraggio in tal senso farebbe diminuire enormemente i costi della spesa pubblica, che sono latenti, in parte, anche per questi controlli. Fin qui la domanda, annunciata in premessa. Aggiungo una considerazione brevissima, che tornando al discorso sul titolo, mi sembra necessario fare, sullo stile di Rotelli. Perché lo stile è straordinario. Ne sono stato catturato. È lo stile di un giurista, di uno che conosce e pesa il diritto, e quindi è uno stile denso, a volte pure complicato (la materia è complicata, richiede parole pesate, molte parentesi, come Rotelli sa usare). Ma, nello stesso tempo (è il complimento più grosso che io gli possa fare dal punto di vista di un lettore, non di un esperto qualsivoglia) è straordinariamente accattivante. Rotelli ha una tecnica per cui l'uso di queste partentesi, di 63 questi incisi, di queste parole lasciate cadere nel momento essenziale della frase, invece di stancare, attrae. È come un piccolo romanzo giallo in ogni frase. Uno è attratto perché vuole sapere dove va a parare. Proprio usando questo termine, «parare», e leggendo il libro, ho cercato, come sempre si fa, di trovare la somiglianza. A quale stile somiglia lo stile di Rotelli? Uno pensa all'architettura, alla costruzione, alla geometria: la somiglianza, che ho trovato nella mia mente (e che ho scartato), è stata il barocco centro-europeo, tardo, molto luminoso, pieno di finestre; arzigogolato, ma essenziale. Poi, però, non mi è piaciuto. Allora ho pensato alla musica: mi è venuto in mente Haydn, sospeso; costruito, ma con momenti ... Ma neanche questo andava bene. Ho pensato ai movimenti fisici, anzitutto al ballerino, ma non si adatta perché è uno stile danzante, molto leggero, bello. Ho pensato al pugilatore perché c'è del pugilato: ma questo accentuava troppo un aspetto pesante. Finalmente ho capito qual è lo stile: quello del fioretto. Rotelli è un grande fiorettista. Un duellante alla Cyrano de Bergerac. Il suo stile è: «al fin della licenza io tocco». Pulizia con proposta di Salvatore Veca Sono stati citati molti filosofi: Port-Royal, Cartesio (si sono ricercati anche vari tipi di stili, da Haydn a Cyrano o al fioretto, ma usa anche un po' la sciabola, devo dire non male in certi punti). Ma vi sono almeno due filosofi, che nel gioco dell'identikit ho ritrovato. Uno è Pascal. Nel libro, infatti, c'è una scommessa (molti di voi non lo hanno
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