Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 43/44 - ago./set. 1993

i>!LBIANCO ~ILROSSO 1~1ilHIWH~i•• prescinda dal consenso della gente, con la quale e per la quale si vuole far politica; di quella gente che da sempre è stata considerata massa informe ed anonima, della quale reclamare il consenso, ma per la quale volutamente non si determinano condizioni di partecipazione reale alla formazione delle decisioni. Sì ad operazioni che mostrino chiara consapevolezza della urgenza che istituzioni e parti sociali procedano al controllo del fattore tempo, dei nuovi linguaggi organizzativi e tecnologici, dell'assetto del territorio, dei flussi finanziari e ne impediscano l'uso selvaggio. Abbiamo assistito ad alcuni fallimenti storici. Un tonfo tremendo ha fatto il «socialismo»sovietico, sostituendo alle antiche nuove servitù e guardando ad un uomo senza speranze che compie in se stesso - fisicamente - ogni ciclo vitale. Una crisi dai non chiari contorni è in atto nelle socialdemocrazie. Non hanno conseguito il riequilibrio dei rapporti di forza, presenti a livello nazionale e planetario, e non sono state capaci di superare la storica confusione tra mezzi e fini. Le falle, anche dai risvolti drammatici, del liberismo di derivazione borghese, che inutilmente thatcherismo e reaganismo hanno cercato di rilanciare, hanno prodotto danni non facilmente calcolabili, nella permanente esigenza di mantenere «i più» sotto il vincolo di controllabili servitù ed esaltando nei fatti l'individuo rinchiuso nei propri egoismi e spinto ad una partecipazione li50 mitata all'interesse su temi rivolti agli effetti e non alle cause dei fenomeni in atto. Gli uni e l'altro connotati da un pragmatismo fine a se stesso, senza fini e progettualità. Oggi né la Democrazia Cristiana né altri possono sopravvivere così come sono - o con lievi correttivi. È ormai evidente anche ai più restii ed agli osservatori meno attenti. Lo stesso Partito Democratico della Sinistra, di cui in questi giorni si parla per le conseguenze del risultato elettorale, cerca di rispondere al crollo del partito comunista con un programma dalla non chiara identità progettuale, che spesso si appiattisce su obsolete esperienze delle socialdemocrazie. Un programma che mira prevalentemente all'immagine ed ancora prigioniero della tattica del consenso finalizzato al breve periodo e della conservazione - o del mantenimento - della permanenza al posto di comando. Il nuovo non si delinea ancora. L'area cristiana è da sémpre in cerca del progetto di domani nel fatto di ieri e di oggi, per potersi sempre più avvicinare al «vero». Non può correre di conseguenza il rischio di ridurre o nullificare le conquiste civili acquisite: il rispetto della personalità, la tutela dell'identità personale, del bisogno di istruzione, di salute e di lavoro, la partecipazione attraverso strumenti di democrazia rappresentativa, la garanzia di vita in un ambiente ecologicamente sano. L'altra, ormai deideologizzata, è alla ricerca di un ap-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==