dell'Europa occidentale, l'intervento pubblico veniva visto come un moltiplicatore (macroeconomico), in qualsiasi forma esso si fossemanifestato. In realtà la macroeconomia è fatta per valutare i dati quantitativi, i fenomeni nel loro complesso. Essa però non è capace di registrare quegli elementi qualitativi importanti per una corretta valutazione del grado di sviluppo e di ricchezza di una società. Oggi la parola d'ordine è privatizzare. Emolte sono le ragioni. Lo Stato non può più sostenere e finanziare le imprese pubbliche in difficoltà. La quota del debito pubblico non permette più di utilizzare la politica del deficit di bilancio come volano dell'economia. La situazione dell'economia mondiale soprattutto quella dei Paesi più ricchi è difficile ed è necessario limitare il drenaggio di ricchezza da parte dello Stato. È sempre più chiaro che se le regole dell'economia di libero mercato e di libera concorrenza non sono sufficienti di per sè a costruire un'economia moderna e civile, le regole della proiezione del più debole e della redistribuzione del reddito non possono più essere utilizzate come alibi per favorire o garantire spazi di controllo sociale forzato, privilegi e malversazioni. Le stesse imprese pubbliche sono interessale alla privatizzazione. Queste possono infatti liberarsi dai numerosi vincoli oggi esistenti, possono snellire il regime del personale; la privatizzazione può essere il presupposto per l'acquisizione di una posizione di vantaggio, di una posizione dominante estremamente vantaggiosa. Le nuove forme di controllo pubblico A partire dagli anni '80 nuove forme di controllo hanno affiancato i tradizionali strumenti di tipo politico-amministrativo (nomine dei dirigenti, autorizzazioni per determinale scelte, vigilanza governativa o parlamentare, controlli contabili e di gestione) o finanziario (trasferimenti ordinari, erogazione di fondi ad hoc, approvazione del bilancio). Due sono le principali innovazioni: {).!J, BIANCO ~ILROSSO •IBl@R+tl•l~1W~•Ufl a) l'introduzione di elementi di controllo sociale, come è avvenuto nell' esperienza francese con la legge 27.7.1983 n. 83675 sulla «democratizzazione del settore pubblico» con l'inserimento di rappresentanze dei lavoratori nei consigli di amministrazione, sulla scia della consolidata esperienza della Rft in materia di cogestione di imprese (Mitbestimmung) o in Grecia, della legge sulla socializzazione delle imprese. b) la privatizzazione formale dell'impresa pubblica. Può definirsi in questo modo il processo che soprattutto in Italia, con l'inizio degli anni '90, segna il passaggio dalla azienda autonoma o dall'ente pubblico economico alla società per azioni con intero o prevalente capitale pubblico4 . Come si può vedere, si tratta solo del cambiamento delle modalità organizzative di una gestione che era e resta pubblica: per questo va distinta dalla privatizzazione sostanziale, ove l'impresa passa nelle mani dei privati. Il fatto che l'esperienza di Francia e Regno Unilo, cioè dei paesi che più cigli altri hanno conosciuto processi di trasformazione in materia, conoscano quasi esclusivamente il secondo tipo di privatizzazione e non il primo, ha una spiegazione che si trova nella storia precedente. È chiaro che la gestione di una impresa pubblica nella forma di una società per azioni, e dunque naturalmente aperta all'ingressç, di altri azionisti, comporta in primo luogo una profonda trasformazione degli ordinari strumenti di controllo in mano publica, progressivamente limitati da nuove esigenze (come la tutela delle minoranze o l'ingresso dell'azionariato popolare) o sostituiti dai poteri riservati all'azionista pubblico: Richiede inoltre la disciplina di alcuni aspetti delicati che non possono cerio essere omessio abbandonati alle regole del diritto comune, posto che vi si gioca l'equilibrio Ira ragioni di interesse generale di cui l'impresa pubblica è espressione e libertà di circolazione dei capitali o eguaglianza tra imprese garantita dalle autoritàcomunitarie. 40 I problemi I problemi posti dall'impresa pubblica europea riguardano essenzialmente l'organizzazione interna, i rapporti con le autorità pubbliche, i rapporti con le autorità comunitarie, l'internazionalizzazione dell'economia. I. Profilo aziendale. Alcune questioni sono strettamente legate all'attività, ali' organizzazione interna ed al funzionamento dell'impresa pubblica. La gestione economico-finanziaria negativa e l'elevato ammontare di perdite subite dalle imprese pubbliche sono un dato da tutti conosciuto. 2. Intreccio tra poteri di gestione e poteri di regolazione. In alcuni casi, e spesso quando all'impresa pubblica sia affidata la gestione di servizi pubblici, si pone la necessità di svolgere anche funzioni di regolamentazione del settore. È ovvio che in questi casi, basti pensare al settore delle telecomunicazioni, l'esercizio della potestà pubblica finalizzata alla garanzia di interessi generali si presti facilmente ad essere utilizzata per assicurare vantaggi ingiustificati alla attività economica gestita dall'impresa. Il che consiglia la scorporazione in più segmenti distinti dei diversi compiti esercitali. Resta ancora un aspetto di grande rilievo su cui è bene richiamare l'attenzione, quello della impresa pubblica locale. Non è possibile discutere di impresa pubblica limitandosi a quelle operanti a livello nazionale, specie quando si consideri che nella maggior parie dei paesi europei è proprio al governo locale che spelta la quota più consistente di erogazione di servizi concernenti il territorio e i trasporli non nazionali, le attività produttive e le fonti di energia di dimensione locale, quasi tutte le attività di carattere sanitario e sociali e molte collocabili nel settore terziario. Malgrado la cautela con cui i dati vanno utilizzali, la tabella che segue è sufficiente a farci comprendere quanto ampia è la gamma dei servizi pubblici gestiti a livello locale e quanto ampia sia la quota gestita dalle imprese pubbliche locali:
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