Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 43/44 - ago./set. 1993

l'imperativo della massima competitività, attraverso crescenti livelli di produttività e dove il progresso tecnologico tende a sostituireuomini con macchine. Vi sono invece settori di attività dove tali vincoli non esistono (servizi pubblici, lavori di utilità sociale) che offrono infinite possibilità di nuova occupazione, legati al soddisfacimento dei nuovi bisogni che si affacciano nelle nostre Società. Il ricorso ad una «ricerca sociale» potrebbe fornire un quadro delle nuove attività richieste e dei nuovi «mestieri» che ne deriverebbero. Si tratta infatti di dar vita a nuove attività per creare nuova occupazione. In questi campi, l'occupazione non è condizionata da problemi di competitività, ma dalla disponibilità di risorse finanziarie, soprattutto se si considera che la spesa sociale dello Stato ha, sempre più tendenza a ridursi. Bisognerebbe, d'altra parte, calcolare il costo della non-occupazione e il costo dell'escl.usione sociale che, comunque, grava sulla Società. La spesa sociale, in questo caso, è necessaria per salvaguardare la coesione sociale dei nostri paesi, ma è pur sempre una spesa passiva, che oltretutto non risolve la sostanza dei problemi (di un ade- {)!.LBIANCO ~ILROSSO 1 1a1;Jt 1NM••~(t*'''" guato reddito e dell'inserzione sociale mediante il lavoro). Ecco perché il calcolo economico nazionale dovrebbe essere impostato tenendo conto di queste considerazioni'. La questione sta nel trasformare almeno una parte di questa spesa passiva, in una spesa produttiva che contribuisca a finanziare nuove attività creatrici di occupazione. È pur vero che l'esistenza di un sistema. industriale competitivo è indispensabile per ottenere quelle risorse che, comunque devono essere stanziate a sostegno delle politiche sociali (che includono anche educazione, sanità e sicurezza). Queste nuove attività, nel campo dei servizi (alle persone, alle famiglie, alle comunità) e dei lavori di interesse collettivo, potrebbero benissimo essere cofinanziate dagli stessi cittadiniutenti, assieme allo Stato o alle Amministrazioni locali, oppure finanziate in modo diretto e volontario dagli stessi cittadini interessati. In questo quadro si dovrebbero rivedere le politiche fiscali e contributive, per impostarle secondo una nuova concezione visto che oggi sono applicate in modo da penalizzare, di fatto, l'occupazione. 37 Il peso fiscale dovrebbe invece essere, almeno parzialmente, spostato verso settori come, per esempio, quelli relativi alla protezione delle risorse naturali, che vengono sprecate a costo zero (vedi l'energia non rinnovabile). Si tratta di organizzare una partecipazione diretta dei cittadini ad imprese collettive autonome. L'importante è che siano fissate regole, impostazioni e controlli che garantiscano il rispetto dell'interesse collettivo, attraverso l'efficacia dell'azione svolta. Questi nuovi mestieri che sono resi possibili da queste nuove attività devono essere sostenuti sia dal lato della formazione professionale, sia dal lato del costo del lavoro che potrebbe essere favorito da una fiscalizzazione eventuale degli oneri sociali. Gli studi e le eventuali ricerche sociali, per individuare queste nuove attività, devono senz'altro coinvolgere le organizzazioni sindacali, dei lavoratori e degli imprenditori, le organizzazioni sociali eventualmente esistenti a livello territoriale, che si occupano di ambiente o di altri problemi legati alla qualità della vita, specie nelle grandi città, assieme ai rappresentanti delle Amministrazioni locali.

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