- in ulteriore beneficio per i ceti abbienti. A questi ultimi va chiesto di concorrere, in modo adeguato e proporzionato alle capacità reddituali, agli ingenti costi dell'istruzione universitaria. La redistribuzione del lavoro Non è prevedibile il ritorno alla piena occupazione, quand'anche superata l'attuale recessione. Occorre impostare, ben oltre l'esperienza dei contratti di solidarietà per le aziende in crisi, un processo generale di redistribuzione della risorsa lavoro, all'insegna del «lavorare meno per lavorare tutti», con corrispondente riduzione delle retribuzioni. Lo esigono le ragioni dell'equità e della solidarietà. Lariduzione e la flessibilità del tempo di lavoro nell'arco della vita rispondono anche all'emergente domanda - soprattutto da parte delle famiglie e in particolare delle donne - di disporre più ampiamente della risorsa tempo. La contrattazione è strumento primario per l'adozione di nuovi regimi di orario, ma va favorita e accompagnata modificando legislativamente le ragioni di convenienza economica sia dei lavoratori che delle imprese (penalizzazione delle ore di lavoro al di sopra di una certa soglia, incentivi per regimi flessibili e per il part-time, ecc.). L'accesso al lavoro dei giovani - fatta salva la particolare situazione del Mezzogiorno - richiede, più che incentivazioni particolari, il riordino degli istituti esistenti e, soprattutto, un efficace raccordo tra scuola e mercato del lavoro. Si fa sempre più grave, invece, il problema - tipico di un'economia dinamica e terziarizzata - del reinserimento degli ultraquarantenni che perdono il lavoro. Le misure in atto (Cassa integrazione prolungata, prepensionamento, trasferimenti al settore pubblico), subalterne alla cultura della «difesa del posto di lavoro», sono finalizzate più a fronteggiare il conflitto sociale e ad acquisire consenso, che non ad assicurare a tutti il lavoro. Il problema primario è rendere conveniente alle imprese, con oppor- {1!.L BIANCO Oil.,ILROSSO 1111..11 aa tuni incentivi, il reinserimento dei lavoratori non più giovani. La redistribuzione monetaria: a) gli anziani A parte sistuazioni particolari (handicap, malattia e simili), il sostegno economico e di cura va finalizzato alle fasce d'età fuori dal mercato del lavoro: bambini e anziani. Per questi ultimi, l'equità sociale esige che le pensioni professionali siano rapportate all'intera storia retributiva e che i trattamenti pensionistici siano omogeneizzati. Quanto alle pensioni integrative, il rischio è che consistenti risorse finanziarie siano destinate all'incentivazione delle pensioni private, sottraendole al sistema pensionistico pubblico: a tutto vantaggio dei lavoratori con maggiori risorse culturali, reddituali e di potere contrattuale. Si deve inoltre arrivare alla netta separazione - concettuale e operativa - fra le pensioni professionali dei lavoratori (dipendenti e autonomi) e il trattamento economico dei cittadini anziani. A questi ultimi la società deve garantire - non come «assistenza», ma come «diritto di cittadinanza» - il necessario per vive31 re, qualunque sia stata la loro storia lavorativa. In luogo dell'attuale misera pensione sociale e dell'impropria integrazione delle pensioni professionali inferiori al minimo, lo Stato deve corrispondere un assegno sociale di cittadinanza, che copra la differenza fra i redditi di cui il cittadino anziano comunque disponga e un livello definito come minimo vitale. Agli interventi socio-assistenziali di competenza locale va demandato di integrare l'anzidetta prestazione economica di base, a carattere nazionale, fronteggiando la specificità dei bisogni delle singole situazioni. La redistribuzione monetaria: b) le famiglie e il lavoro di cura La redistribuzione monetaria a favore dei bambini s'intreccia col principio del sostegno dei redditi familiari e del riconoscimento del valore, anche economico e sociale, del «lavoro di cura» (che ricomprende pure quello prestato per anziani e, in genere, per persone non auto-sufficienti). Ragioni esclusivamente di limitatezza delle risorse finanziarie impongono di inserire sia il sostegno economico al lavoro di cura, sia le erogazioni monetarie per i bambini nel quadro delle misure di integrazione dei redditi familiari insufficienti. Per le stesse ragioni, e in funzione anche di una maggiore efficacia redistributiva, queste ultime non possono essere commisurate soltanto al numero dei figli, indipendentemente dal reddito familiare, ma debbono consistere in erogazioni monetarie decrescenti al crescere del reddito complessivo familiare, qualunque sia il numero dei percettori Ùl concetto di mono o bi-reddito è indifferente o fuorviante). L'uso della leva fiscale per l'integrazione dei redditi familiari - attraverso forme quali lo «splitting» e il quoziente familiare - produce una redistribuzione perversa a favore delle famiglie con più alto reddito. Le vigenti detrazioni d'imposta per il coniuge e i figli a carico, oltre a non tener conto del reddito del contribuente, si disperdono a favore di una vasta platea di destinatari, con benefici mi-
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