Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 43/44 - ago./set. 1993

{)!LBIANCO ~ILROSSO • n•t-1èt IM;1 5. Fedeepolitica unità dei cattolici in L , un solo partito è ormai messa in discussione non solo dall'elettorato, ma anche dalla Chiesa. Papa Giovanni Paolo II l'ha sempre considerata soprattutto una tradizione italiana. Egli quindi l'ha riconosciuta, ma come un costume del paese. Un costume per molti versi anomalo e scarsamente in regola con la posizione della stessa Chiesa cattolica in materia di rapporti tra fede e politica. Non è un caso, del resto, che il cardinale Josef Ratzinger, tutore della dottrina, ha riaffermato in più circostanze che l'unità della fede si manifesta anche nella diversità delle scelte politiche. Dal canto suo il presidente della Conferenza Episcopale italiana, cardinale Ruini, da qualche tempo ha sostituito la formula «unità politica dei cattolici» con «tensione unitiva» che è, in buona sostanza, la presa d'atto dell'esaurimento delle ragioni storiche che, in passato avevano indotto la Cei a raccomandare l'unità in un solo partito. Una fase della storia del cattolicesimo politico italiano, iniziata con il pontificato di Pio XII, si è quindi definitivamente conclusa. Questo non significa che non si ponga più, o che-sia diventato irrilevante il rapporto tra fede e politica. Nella riaggregazione politica in atto, o perlomeno tentata, la considerazione di questo aspetto avrà un rilievo decisivo sulle concrete possibilità di coinvolgimento dei cattolici democratici in nuovi progetti politici. La cronaca, ogni giorno, ci propone episodi che confermano il declino di efficacia, di efficienza, di credibilità e 25 quindi di autorità morale dello Stato a cui è urgente porre rimedio. In questa indispensabile opera di ricostruzione si capisce che è del tutto naturale e legittima la divisione tra progetti politici diversi, mentre sarebbe del tutto priva di senso la contrapposizione tra credenti e non credenti. In questo lavoro di ricostruzione l'etica cristiana e l'etica laica (anche se questa definizione è piuttosto impropria) non sono infatti in competizione. Non è in discussione la separazione tra la funzione dello Stato e quella della Chiesa. Tra l'agire politico e l'agire religioso. È possibile che in tal compito di ricostruzione ci si possa trovare di fronte a qualche spiacevole episodio di integrismo, ma è assai più probabile che ci si imbatta soprattutto nella secolarizzazione, cioè nella constatazione della irrilevanza pratica, della contraddizione diffusa e quasi spontanea, di valori etici ritenuti essenziali nell'ottica cristiana. Questo fatto dovrebbe indurre a qualche riflessione credenti e non credenti. Si deve infatti riconoscere che le società industriali (almeno in Europa) sono progredite quando hanno saputo incorporare i convergenti valori del solidarismo cristiano e dell'umanesimo socialista in termini di solidarietà, di equità, di difesa dei più deboli. Le nostre società non sono certo diventate il regno della giustizia, ma proprio grazie a queste assimilazioni, sono sicuramente migliori di quelle che le hanno precedute. Nelle società mo-

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