Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 43/44 - ago./set. 1993

essere prese ad un costo minimo. La crescita economica non ne risentirà in maniera insopportabile ed una «crescita ambientale sostenibile» potrebbe essere raggiunta. Se l'analisi del «limite» è, al contrario, quella giusta, queste misure provocheranno presumibilmente una riduzione della crescita ed un declino del Pii. In questa ipotesi non si può negare che una crescita zero, o comunque molto limitata, per un lungo periodo di tempo (e magari a tempo indefinito) rappresenti per i paesi del Nord una seria sfida politica ed economica. Le popolazioni di questi paesi hanno attese profondamente radicate di aumento annuo del reddito reale ed il ceto politico viene giudicato, anche e soprattutto, sulla base della capacità di conseguire risultati in tal senso. Non bisogna inoltre dimenticare che le aziende di questi paesi si sono mosse e si muovono nella logica di mercati perennemente in espansione. Che i governi, a loro volta, dipendono dalla crescita per sostenere i deficit di bilancio ed i programmi sociali. Senza contare, infine, che la crescita ha permesso di evitare che il continuo aumento della produttività si trasformasse interamente in disoccupazione. L'adattamento si presenta quindi tutt'altro che facile. Si aggiunga poi che una crescita zero, o molto bassa, non è di per sè sinonimo di sostenibilità. Se causa un rigetto dell'opinione pubblica e produce una spinta a restaurare la crescita ad ogni costo, i suoi effetti ambientali possono essere addirittura peggiori di quelli di una economia in espansione, che almeno sprona le imprese ad investire in nuove tecnologie ambientalmente sane. Una economia che non cresce, o cresce poco,che sia ambientalmente benefica e socialmente accettabile può perciò realizzarsi solo se sorretta da politiche di cooperazione a lìvello mondiale finalizzate a sostenere politiche governative che assumano esplicitamente il vincolo della 'sostenibilità ed abbiano un largo appoggio della popolazione. Molti elementi fanno ritenere che, nella attuale situazione politica e so- {)!LBIANCO ail.ILROSSO OXfSSOl;I ciale, le pressioni a favore della crescita siano ancora troppo forti per consentire alle istituzioni politiche di intraprendere con slancio il cammino della sostenibilità. Se questa situazione dovesse però permanere per lungo tempo il rischio inevitabile è che si determinino grandi scombussolamenti economici quando saranno le leggi naturali a forzare l'adattamento delle economie negli ambiti della realtà ecologica. Il rischio, in quel caso è però che le istituzioni politiche diventino più autoritarie, (come, del resto, avviene in ogni emergenza) o che l'anarchia prenda il sopravvento. In altre parole, di fronte a gravi problemi ambientali, diventa assai probabile che la stabilità sociale tenda ad essere mantenuta con mezzi repressivi e quindi scarsamente democratici, o, addirittura, che cesserà di esistere. Sebbene prodotti da altri fattori, il risorgente nazionalismo e razzismo in Europa ed il bagno di sangue della ex Jugoslavia, non lasciano alcun dubbio sulla forza di possibili deprecabili sviluppi, quando le istituzioni diventano incapaci di fronteggiare le aspettative frustrate ed i cambiamenti inesorabili. La sfida della sostenibilità non è tuttavia minore nei paesi del Sud a causa 24 della necessità imprescindibile di una crescita qualitativamente diversa da quella del passato. Gran parte di quella crescita è avvenuta, infatti, a spese delle foreste, dei fiumi, del suolo, delle risorse idriche e dei combustibili fossili. La crescita futura dovrà invece svilupparsi a partire dalle risorse rinnovabili, dal rispetto degli ecosistemi e dalle tecnologie più armonizzate all'ambiente. Esperienze su scala modesta hanno già provato in misura sufficiente che questa crescita qualitativamente differente è possibile. Per renderla il modello dominante della crescita economica del Sud sono però necessari rilevanti cambiamenti politici ed istituzionali. Le società del Sud devono divenire più democratiche e partecipative, con il controllo delle risorse locali nelle mani delle popolazioni, incentivate a preservare queste risorse per la loro sussistenza futura. A questo dovrebbero perciò essere condizionati anche gli aiuti dei paesi più sviluppati. Si può certamente sperare che, nel prossimo futuro, siano individuate tecnologie miracolo capaci di ridurre drasticamente l'impatto ambientale del consumo globale. Probabilmente è invece ingenuo attendersi che le attuali strutture di potere possano trasformarsi.e che il loro obiettivo diventi «abbastanza» invece di un continuo «di più». Ma poichè l'arte di governare dovrebbe essere quella di prevenire, si deve contrastare l'attitudine dei governi di affidarsi soprattutto al criterio della facilità, anzichè a quello della lungimiranza. Questo significa che devono essere spinti ad adottare politiche e comportamenti concretamente orientati dallo· «spirito di Rio». È uno spirito che si fonda su un rapporto morale e sociale con l'umanità ed un rapporto etico con la natura. Questo spirito, che deve portare a profonde correzioni delle scelte fatte finora, potrebbe essere l'ultima barriera tra il genere umano ed il degrado totale, qualora, come non si può assolutamente escludere, la tecnologia non fosse in grado di fronteggiare la prova della sostenibilità.

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