Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 43/44 - ago./set. 1993

DlLBIANCO 0L.ILROSSO 1111 )- 18Il 4. Losvilupposostenibile s ui ritmi e la qualità dello sviluppo futuro si giocano le prospettive di pace mondiale ed il destino dell'umanità. Si discute molto della relazione tra sviluppo e crescila economica. E opinione diffusa che la crescila economica, da sola, non è garanzia di sviluppo (cioè di miglioramento della qualità della vita). Quasi tutti ritengono però che la crescila è necessaria allo sviluppo. Di solito si sostiene inoltre che la crescila non è solo necessaria ai paesi del Sud, ma anche a quelli del Nord. La giustificazione per i più ricchi di diventare ancora più ricchi starebbe nel fatto che in questo processo si creano più vasti mercati per il Sud e che lo sviluppo globale viene così incoraggiato. Dietro questa concezione c'è, in realtà, il dato di fatto che le industrie e gli abitanti dei paesi del Nord insistono, comunque, sulla crescita economica indipendentemente dalle conseguenze per il Terzo mondo e per l'ambiente in generale. Su questa aspirazione, naturalmente, si basano anche le previsioni. Il Rapporto Brundtland, ad esempio, ipotizza una produzione di beni di consumo da cinque a dieci volte superiore entro la metà del prossimo secolo. A sua volta il Rapporto sullo Sviluppo Mondiale del 1992, della banca Mondiale, prevede che le economie del Nord triplicheranno e quelle del Sud quintuplicheranno entro il 2030, arrivando così ad un'economia di 3,5 volte superiore a quella odierna. Malgrado i diversi lassi di crescita previsti per le due aree, questa previsione ci dice che aumenteranno ulteriormente e considerevolmente le disparità di reddito procapile (già oggi enorme) tra il Nord ed il Sud. Inoltre se la distruzione dell'ambiente dovesse aumentare allo stesso ritmo del Pii previsto dai due rapporti, i danni saranno incalcolabili. Per la razza umana potrebbe essere la fine. Da qui l'esigenza di una crescita ambientalmente «sostenibile». Questa esigenza solleva però un cerio numero di questioni che devono essere affrontate. Innanzi tutto, è realistico pensare che una crescila di 3,5 volte quella odierna possa essere benignamente trasformata ed essere ambientalmente meno devastatrice di quanto già oggi non avvenga? In secondo luogo, se questo non fosse il caso, è veramente necessaria per l'umanità (che rischia la propria soppravivenza) una crescila economica di quest'ampiezza? Terzo, esiste una garanzia che i problemi ambientali siano più facili da risolvere in condizioni di crescila zero o bassa? La prima domanda riapre il dibattito, sempre più infiammato, sui «limiti della crescita». Coloro che propongono dei limiti sostengono che gli aumenti della produzione, misurali dal Pii, sono stati e saranno sempre associali ad un aumento della distruzione ambientale. Le leggi della termodinamica, affermano, stabiliscono che ogni 22 aumento delle emissioni, sia di materia che di energia (fatta eccezione per le fonti rinnovabili come l'energia solare) producono un peggioramento dell'impallo ambientale. La teoria opposta sostiene che è possibile ridurre i danni ambientali ad un tasso uguale o maggiore del lasso di aumento del Pii. Secondo questa teoria la crescita può quindi continuare all'infinito. Il divario tra queste due posizioni non può però essere risolto teoricamente. In teoria tutte e due le possibilità possono realizzarsi. La questione cruciale è perciò la relativa probabilità di ciascuna. A sostegno della tesi «senza limiti» vengono prodotte statistiche che indicano una caduta dell'intensità di energia (consumo di energia per unità di Pii) e riduzioni di certe emissioni nell'aria che presuppongono opportunità tecnologiche illimitate per il futuro in grado di neutralizzare, dal punto di vista ambientale, gli effetti della crescita. I sostenitori dei «limiti» fanno notare, a loro volta, che l'uso di energia, in valori assoluti, è aumentato anche in paesi dove l'intensità energetica per unità di prodotto è diminuita. E si deve quindi supporre che questa tendenza continui. Essi considerano inoltre i passi compiuti per migliorare la qualità dell'ambiente assolutamente insufficienti, il che spiega, tra l'altro, le tendenze innegabili al progressivo deterioramento. In ogni caso è arduo poter sostenere che negli ultimi 20 anni, da quando cioè è inizialo il dibatti-

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