Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 43/44 - ago./set. 1993

riduzione dal suo spessore solidaristico, fino al punto che la«burocrazia del benessere» si presenta al cittadino come una realtà estranea e spesso ostile, proprio come altri apparati dello Stato. Che le forze progressiste in Europa abbiano saputo tradurre in strutture statali alcune fondamentali rivendicazioni economiche e sociali è un progresso al quale non si deve rinunciare. Ma che queste strutture, anche in relazione ai loro costi ed al loro funzionamento, producano un trattamento insoddisfacente per le persone, è un problema che noi riteniamo debba essere affrontato. Quella che noi riteniamo debba essere assunta e risolta è, innanzi tutto, la «crisi sociale» dello Stato Sociale. Si tratta cioe del fenomeno per cui l'individuo vede di fatto contraddetta, nel suo rapporto con la burocrazia del Welfare la sua natura di essere umano corredato, oltre che di diritti individuali, anche di legami con i suoi simili, di bisogni collettivi, di radici, di una storia personale. Dobbiamo quindi pensare ad una trasformazione dello Stato Sociale attraverso il ricorso alla società civile, alle cooperative di solidarietà sociale, all'insieme di associazioni, gruppi ed organismi, che possono essere inseriti nello Stato Sociale per «socializzarlo» attraverso il decentramento e coinvolgendo i cittadini nel suo funzionamento in modo che esso diventi anche una struttura in cui si organizza l'aiuto reciproco. Lo Stato Sociale deve essere quindi riformato nella sua struttura qualitativa. Ma anche nei suoi costi, correggendo radicalmente la tendenza a farne un fattore di spreco sociale sempre meno capace di garantire assistenza a chi ne ha bisogno. Il caso tipico, per fare un solo esempio, è quello del Servizio Sanitario Nazionale. Negli anni 70 si è adottata questa soluzione (in contrasto con altre proposte strutturali che, all'epoca, non vennero prese in considerazione). Il risultato è stato un servizio costosissimo e, non di rado, scadente, condannato a sprecare risorse e quindi costretto a tagliare preD!LBIANCO ~ILROSSO 01A1A181A stazioni a coloro che ne hanno bisogno. La soluzione alternativa è quella di garantire l'intervento pubblico per alcune categorie di cittadini: disoccupati, inabili, pensionati (almeno fino ad una determinata soglia di reddito) affidando, per il resto, l'iniziativa di definire prestazioni e contribuzioni ad organizzazioni privato-collettive (a incominciare dai sindacati) incentivandole con contributi legati al loro autonomo concorso ed assicurandogli l'autogoverno. Questa soluzione ha il vantaggio di diminuire il carico sul bilancio statale, evitare gli sprechi tipici dello statalismo, eliminare il parassitismo buro21 cratico, valorizzare il principio di responsabilità attraverso l'autogoverno diffuso. In questo come in altri campi, la resistenza a prendere atto degli scostamenti tra il progetto e la sua concreta attuazione nasce, oltre che dall'impulso del potere a perpetuarsi e da interessi di forze che operano a questo scopo, anche da una tendenza profonda e radicata dei comportamenti politici, per cui opinioni tenacemente professate continuano a sopravvivere anche quando hanno incontrato ripetute smentite nei fatti. È compito essenziale di una sinistra democratica e di governo smantellare questo genere di resistenze per assumere una visione sperimentale del progetto sociale che sappia superare la prova delle storture cui esso va soggetto in corso d'opera, mettendole al servizio di una più accorta definizione del progetto medesimo. Noi siamo convinti che se si dovesse formulare oggi una utopia di sinistra, essa dovrebbe includere qualcosa che le utopie (proprio perché sono isole immaginarie) non hanno mai realizzato. Insieme all'abbondanza di latte e miele, all'eguaglianza ed alla felicità dei cittadini, si deve assumere anche la corrispondenza tra le decisioni politiche, le intenzioni per cui esse sono state pubblicamente assunte ed i loro risultati. E dal momento che questa corrispondenza lineare non è mai data nella realtà, nel mondo non utopico nel quale viviamo, per noi comporta delle conseguenze. Una direzione nella quale agire è quella di dotare l'attrezzatura della democrazia di organismi di garanzia e di controllo che si preoccupino di studiare ogni singola decisione che riguardi la collettività, per sottoporre le risultanze al dibattito pubblico, in modo che le decisioni successive correggano le deviazioni subite dalle precedenti. Questo significa che, per esempio, una legge di spesa dovrebbe sempre destinare una piccola parte della spesa stessa al controllo dei suoi risultati.

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