l'allucinazione solipsitistica del desiderio, che identifica l'altro esclusivamente come oggetto buono: e restituisce alla coscienza desiderante quel senso della reciprocità che il desiderio, lasciato a sé stesso, fatalmente rimuove. La speranza, in quanto desiderio istruito dall'esperienza comune della colpa, del dolore, dell'impotenza e della morte, contrasta positivamente la divisione del mio desiderio da quello dell'altro. A tale opposizione sostituisce il senso di una partecipe solidarietà con il desiderio dell'altro, e di una rispettosa pietas nei confronti della sua incompiutezza. Tutto questo è più o meno quello che oggi ci viene drammaticamente a mancare. Nella nostra cultura civile, il diritto al godimento è tema di una polarizzazione della speranza che oscura il principio della reciprocità del desiderio. Il fatto è che tale oscuramento, lungi dall'esaltare il desiderio, lo estenua. E con tale estenuazione, sottrae vitalità ad ogni speranza. 3. La coscienza cristiana, premuta dalla viva coscienza della prevaricazione del desiderio egoistico sulla speranza solidale, ha frequentemente inclinato verso l'indiscriminata censura di quello a favore della spirituale trascendenza di questa. Dalla reazione che ne è sortita, è scaturita anche una pregiudiziale denuncia del carattere illusorio della speranza religiosa, in favore della sua risoluzione nel desiderio puro e semplice dell'uomo. Il carattere spurio di quella radicalizzazione teologica, che eccede i termini della sua istruzione biblico-cristiana, sembra essere ormai chiarito per la coscienza religiosa. Ma anche l'ingenuità della reazione liquidatoria, dimentica del fatto che l'apertura alla trascendenza è un principio vitale per speranza dell'uomo, sembra ormai acquisita (Bloch). Istruire di nuovo il desiderio intorno alla promessa che esso contiene, e che il godimento narcisistico semplicemente consuma, senza poterla onorare, mi sembrerebbe in effetti la sapienza della quale attualmente l'Occidente ha più bisogno. E non dovrebbe esser- {)!LBIANCO ~ILROSSO 1111h ièf 1M;J ci dubbio sul fatto che tale sapienza dovrà essere cercata come un bene comune: nella più franca distanza dalla vischiosità delle apologetiche di parte. La «Yalta dei territori» scritta dalla modernità culturale, al cui disegno hanno segretamente partecipato, nonostante le formali polemiche, teologi e filosofi, scienziati e tecnocrati, uomini del potere laico e uomini dell'establishment ecclesiastico, deve semplicemente essere ignorata. (Ma non ci si deve illudere: la difesa di tale spartizione culturale delle ragioni e delle fedi è più tenace di quella che ha sancito la difesa militare delle politiche e delle frontiere). Nel passato appena trascorso, la speranza collettiva fu per altro istruita attraverso l'enfatizzazione di un futuro di alto profilo: un futuro che portava la cifra della potenza tecnologica del sapere scientifico e quella della trasformazione politica del mondo storico. Più recentemente, la speranza è ritornata a chiedere la propria rassicurazione ad un passato di più antiche radici: il passato delle leggi della natura, con i suoi possenti cicli vitali e le sue misteriose forze di rigenerazione dell'armonia del cosmo. Entrambe queste polarizzazioni portano impressa - per lo più ambiguamente - la cifra di importanti tradizioni bibliche. Il ciclo dell'Esodo e la predicazione dei Profeti di un nuovo culto e di una nuova giustizia. I racconti di creazione e le utopie dei Veggenti di nuovi cieli e di nuova terra. È però venuto il tempo di penetrare a fondo una lezione di profilo ugualmente alto, ma infinitamente più trascurato, della antica tradizione. Quella precisamente dove si pone la questione del nesso che lega la speranza suscitata dai grandi eventi e dalle grandi opere della storia con i ritmi vitali della coscienza individuale e della vita quotidiana. Nel punto cioè dove appunto accade di sperimentare l'inadeguatezza dei grandi sistemi teologici e filosofici a fronte del drammatico oscuramento della promessa (Giobbe), e della cieca ripetizione dell'esistente (Qohelet). Una tradizione dove, in compenso, il desiderio apprende a 82 frequentare l'alto profilo della speranza nei grandi simboli della vita quotidiana: l'amore dell'uomo e della donna, la cura della educazione dei giovani e della dignità dei vecchi; la coltivazione della saggezza e il discernimento della bellezza, la verità dei sentimenti e la giustizia delle emozioni. È la tradizione estetica e tipicamente non metafisica della antica sapienza biblica, appunto: la Cenerentola di tutte le filosofie e di tutte le teologie della modernità, parente poverç1anche dei molti fervori contemporanei di tardivi scopritori radical-chic dell'importanza del mito greco. La tradizione biblica ha un nome suggestivo per indicare il principio di tale sapienza: il timore di Dio (Pr, 1,7). Contrariamente alla volgarizzazione corrente, questa radice della saggezza non va declinata sulla linea che congiunge il desiderio e la paura. Ma proprio in quella che assicura la speranza alla sua promessa. Il timore di Dio è il principio di una educazione sentimentale in cui la storia degli affetti appare decisiva rispetto alla storia degli effetti della storia. Perché esso significa, infine, rispetto per ciò che nella storia non può essere in alcun modo prodotto. E solo ciò che può essere prodotto si consuma . 4. L'occidente - cristiano e laico - dell'ossessione produttiva, delle opere immortali, degli effetti speciali, si va semplicemente consumando. La cifra conseguita dalla sua civiltà, quella «dei consumi», appunto, appare con tutta evidenza anche la forma del suo destino. Tutto lascia pensare in effetti, che molte altre trasformazioni avverranno, per via di consunzione, senza la classica e formale rottura rivoluzionaria. Dipende da noi se sapremo accettare dignitosamente questo obiettivo declino. Più vicino al tramonto appunto, che all'oscuramento improvviso dell'uragano. Ciò avverrà, se invece di ostinarci nella ricerca del!'arma segreta capace di risollevare le sorti dell'impero, sapremo scegliere serenamente ciò che deve essere consegnato come un bene sperabile alle nuove generazioni, e ciò che deve invece scom-
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