{)!LBIANCO ~ILROSSO lt1fA18A;f 1 Lasperanzae lapolitica: unasalutaremoderazione Q ual è oggi il rapporto che lega politica e speranza? E quando parliamo di speranza cosa intendiamo? Vorrei partire da una riflessione, che a me pare assai bella, di Luigi Sturzo. Si trova in un suo scritto del 1923. Siamo in un periodo drammatico per il Partito Popolare Italiano che vede da una parte venir meno la sua accettazione da parte della Chiesa e dall'altra l'avanzare del movimento fascista che comincia ad interessare anche alcune frange del mondo cattolico. La riflessione di Sturzo riguarda il carattere «temperato», non moderato, del nuovo partito. La natura temperata del Partito Popolare non si fonda sulla moderazione della sua linea politica, ma sul carattere «relativo» della politica. Così scrive: «Questa posizione non è tattica bensì programmatica, cioè non deriva da una posizione pratica di adattamento o di opportunità; ma da una posizione teorica di programma e di idealità. E la ragione di questa posizione teorica ha la sua origine in un presupposto che caratterizza la ragione etica della vita quale la vediamo al lume del cristianesimo: noi neghiamo che nella vita presente si possa arrivare ad uno stato perfetto, ad una conquista definitiva, ad un assoluto di bene»1 • Socialismo e fascismo pongono la politica come assoluto, nel movimento dei popolari non è possibile invece alcuna utopia: «Lanostra fede cristiana, il nostro senso storico ci portano a valutare la vita presente come un "relatidi Giovanni Bianchi vo" di fronte ad un "assoluto", e quindi diamo valore fondamentale, anche nella vita pubblica, all'etica, che è per noi norma insopprimibile, e superiore a quella che si chiama "ragion politica" o "ragion economica"; e questo ci dà il senso di relatività, che incentra i problemi, e non li fa come per sé stanti, come fini assoluti da dover raggiungere per un logico predominio o per una legge ferrea,,2. Ciò porta i popolari ad evitare qualsiasi estremismo nel metodo, ad essere estranei a qualsiasi idea di rivoluzione come palingenesi della storia umana. Proprio questa natura temperata del partito riesce a farne un organismo di battaglia. La dimensione «relativa» della politica la lega alla contingenza del programma, alla sua moralità e fa del partito uno strumento efficace, ma non un fine del conflitto politico moderno. La speranza della politica vive in questo spazio del relativo, assume come propria l'essenzialità di questa contingenza che non divide gli uomini metafisicamente in buoni e cattivi, ma laicamentesullapuntualità del programma. È finita da un pezzo la stagione della pesantezza ideologica del politico, è finito il cortocircuito tra storia e secolarizzazione della salvezza. Ogni residua «filosofiadella storia» è costretta a pensarsi fuori da ogni mondanizzazione dell'Assoluto, o, semplicemente, a non pensarsi. La speranza della politica non attiene più all'Apocalisse, ma alla contingenza di ciò che può accadere e non accadere nel dramma del relativo. La speranza della politica non è virtù teo77 logale, ma disponibilità solidale con l'altro uomo, perché in questo mondo l'Altro possa accadere. Viviamo insomma in una storia che non parla più il linguaggio della salvezza, ma tutt'al più quello di una convivenza cordiale. La salvezza non è ciò che afferra la storia, ma ciò che a volte irrompe per farvi emergere il lato cavo, il cono d'ombra, per cui il limite della politica guarda creativamente la buona Babele del mondo. Negli anni '70 Franco Fortini ha espresso con una immagine efficace la figura di un rapporto tra speranza e politica: era quella della lima nella pagnotta, che arrivava al prigioniero. Con quella lima furtiva, discosta dai grandi trionfi della storia, celata all'epica della rivoluzione, con quella lima si trattava di incidere le sbarre della cella e di uscire alla libertà di un mondo liberato. Oggi non ci sono le sbarre, non c'è la cella, e non sappiamo cosa sia la lima, almeno quella lima. Oggi essa appare come il non detto dell'esperienza quotidiana. La speranza non si coniuga più alla politica attraverso i racconti di salvezza, i grandi quadri dell'apocalisse del moderno, su cui pure si attarda qualcuno. La speranza è piuttosto affollata di gesti, di volti, di momenti di autenticità che ridanno alla politica, insieme alla sua leggerezza il senso della sua fragilità. NOTE 1 Sturzo, Il nostrocentrismo, OP. Cit., Pag. 167 2 Sturzo, Il nostrocentrismo, OP. Cit., Pag. 167
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