me un impulso incessante, esige un'etica che mediante auto-restrizioni impedisca alla sua potenza di diventare una sventura per l'uomo» (Il principio responsabilità. Un'etica per la civiltà tecnologica, Torino, Einaudi, 1990). La tesi di Jonas è semplice: mentre l'etica tradizionale è l'etica della sincronicità, la nuova etica deve essere un'etica della responsabilità per le generazioni a venire, per l'umanità futura. Stabilito che l'essere dell'umanità è un valore, questo valore deve essere garantito oggi per domani, garantendo non solo le possibilità, ma l'esistenza stessa di un'umanità futura. Tuttavia, questa etica non mi appare veramente all'altezza della complessità del mondo contemporaneo. È impossibile, in questa sede, affrontare il tema in tutta la sua complessità, ma questo tipo di etica non si distingue a sufficienza dall'etica dell'utopia, che pure viene radicalmente criticata. Il governo del futuro richiede un'etica della responsabilità: ma si può essere responsabili verso le generazioni future senza esserlo verso se stessi e verso le generazioni presenti? O si presuppone che quelle future siano migliori di quelle presenti? In realtà, l'etica non può mai cessare di essere un'etica della sincronicità, in cui il rapporto sia con un altro soggetto o con un gruppo (la famiglia, la patria, la nazione, lo Stato, la Chiesa, il mondo) più o meno ampio in cui si incontrano nel presente dell'io tanto il passato quanto il futuro. Ciò non significa necessariamente fondare un'etica dei diritti-doveri; semmai, è proprio l'etica dei doveri à la Jonas che oggi richiede priorità, ma sempre nell'ambito di una responsabilità verso il presente (verso me stesso in quanto essere culturalmente prodotto ma anche in grado di produrre cultura) come base di una responsabilità verso il futuro. Se io sono responsabile verso mio figlio senza contropartite, devo poter essere responsabile anche verso il prossimo contemporaneo e non solo verso quello futuro. Non si può discutere di etica, oggi, senza fare riferimento al contesto del D!LBIANCO ~ILROSSO •n•t®•H;J dominio tecnologico a livello planetario. Ma occorre avere ben chiaro il dato che nonostante tutti i processi di alienazione e di estraneamento dell'uomo, questo resta, nonostante tutto, intatto nel suo nucleo essenziale di personalità. Se l'essere ha priorità in quanto esso si afferma nello scopo, come afferma Jonas, il primo scopo dell'essere è la sua auto-affermazione nel presente, in una qualità del presente che deve costruire ed essere la base del futuro. Il valore dell'essere rispetto al disvalore del non-essere pone una responsabilità verso il presente dell'essere, prima che verso il suo futuro (che tutto sommato resta nelle mani di Dio). In altri termini, l'etica - e proprio l'etica di cui noi oggi abbiamo bisogno: l'etica della responsabilità - richiede comportamenti tesi alla conservazione dell'essere come si dà nel presente in quanto nella vita (che è per natura ciò che esiste ora) vi è il rischio della morte, ovvero del non-essere. È allora l'etica contraria al «governo del futuro»? Certo, se si ritenesse possibile, da parte dell'uomo, controllare il futuro, l'etica dovrebbe opporvisi, perché ciò significherebbe la noncontrollabilità dell'uomo da parte della normatività morale, uno scatenamento immane di forze prometeiche. Ma quando il discorso non ha altro senso che quello di cogliere l'urgenza di una politica responsabile, l'etica non ha nulla da dire contro una politica che si sforzi di decidere per il futuro attraverso il presente, nella misura in cui il governo del futuro significa riportare oggi l'essere alla sua dimensione propria, significa (tentare di) sottrarre l'essere alla violenza del dominio tecnologico e del pensiero astratto. Tuttavia, chi governa il futuro non è l'uomo qualunque, ma l'homo politicus, cioè un uomo che si assume volontariamente una responsabilità diversa dalla responsabilità naturale del padre o della madre o da quella contrattuale. Senonché, è proprio questo homo politicus di cui oggi si sente la mancanza nella cultura occidentale: 76 l'uomo della responsabilità voluta, accettata e sentita fino in fondo. Il governo del futuro postula, quindi, il ritorno di una figura e di un tipo d'uomo soppiantati dalla «amministrazione anonima degli interessi»; un tipo d'uomo politico tanto realista quanto ontologicamente responsabile verso il progetto che è in grado di darsi, un tipo, insomma, per il quale politica ed etica non siano più separate, ma costituiscano un tutto unico. Se la società è divenuta «irresponsabile rispetto ai propri comportamenti, che vengono presentati come frutto di una superiore logica necessitante» (Barcellona), è però anche vero che l'uomo conserva questa capacità di responsabilità ben al di là di ogni ipotesi di «morte dell'uomo» e di vittoria definitiva delle logiche sistemiche. In questo senso, nonostante tutto ciò che sta accadendo nel mondo (penso in questo momento alla tragedia dei popoli della ex-Jugoslavia o ai rischi per la pace), il momento è favorevole ad una rinascita della grande politica eticamente giustificata, istitutrice di regole nuove della convivenza civile. Ciò che ci sta dinanzi, per la prima volta dopo il crollo del comunismo, è la possibilità di inventare una nuova dimensione della politica capace di legare insieme etica, politica e diritto e che anzi esige una politica eticamente fondata e giustificata nella forma del diritto: come ha osservato S. Rotodà (Repertorio di fine secolo, Roma, Laterza, 1992): «Il ritorno del diritto non è una espropriazione della sostanza della politica, ma una via per renderla di nuovo accettabile, per restituirle una legittimazione sociale. (. .. ) Il ritorno del diritto incarna così un ambizioso progetto di ridefinizione del ruolo della politica e della funzione delle regole». Si tratta, in altri termini, di sostituire all'arbitrio, con il quale conviviamo da troppo tempo, le regole: regole per il presente e regole per il futuro, regole giuridiche volute da una politica eticamente motivata. Una giustizia per noi e per le generazioni future, che hanno anch'esse il diritto di esserci.
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