dimenticando gli aspetti strutturali e collettivi che in una certa misura li presuppongono e li sollecitano. Se, infatti, una vivace dinamica della domanda è fattore necessario per la stabilità, perché stupirsi che ciò inducesse - proprio come elemento essenziale per la conservazione di questo equilibrio -la diffusione capillare, anche attraverso la crescente invadenza della persuasione pubblicitaria, di una cultura del consumare e del possedere, che progressivamente ha finito per dominare la vita di tutti noi? Ecco dunque la società consumistica, società di competizione, in cui l'identità di ognuno si basa su ciò che ha e che compra, e i valori ideali divengono metafore senza fondamento. Perché stupirsi del progressivo venir meno del senso stesso delle istituzioni, della politica come servizio ai cittadini, dell'affermarsi dell'intreccio tra affari e politica? E perché stupirsi se chi non regge al ritmo del meccanismo o, più semplicemente, non si intregra in questa sua cultura, viene emarginato e travolto e al più potrà trovare nella droga la sua alternativa? Se non si riflette sui meccanismi propri della necessità espansiva della società industriale, ci si potrà di volta in volta indignare o commuovere, ma si avrà una comprensione molto limitata dei fenomeni, e, per conseguenza, gli interventi proposti risulteranno assai superficiali. Così è stato - anche in questi mesi nel nostro paese - il dibattito sulla questione morale, in cui la giusta esecrazione sui comportamenti dei politici e, al più, degli imprenditori, ha lambito solo marginalmente la spregiudicata illegalità diffusa nella società, tanto da creare l'illusione che fossero sufficienti solerti magistrali e riforme elettorali a risanare la società. Effettodella società dei consumi anche la spoliazione dell'ambiente, vero polmone dal quale il «sistema aperto» sopra descritto ha prelevato risorse - ambiente, territorio, energia, etc. - come se fossero inesauribili e perciò a costo zero, sino alla drammatica situazione attuale, ben descritta nei capitoli 37 e 38 della «Centesimus Annus»: i sistemi economici che enfatizzano il D!LBIANCO ~ILROSSO 111 1;.1#1 1M ;J profitto inducono l'espansione del consumismo, da qui la distruzione dell'ambiente e la ribellione della natura. Due fatti nuovi rompono oggi la possibile continuità del meccanismo sin qui descritto e innescano la crisi economica che investe oggi tutte le società industriali avanzate e che difficilmente potrà essere riequilibrata con le usuali strumentazioni. 3. Il primo fatto è costituito dalla enorme accelerazione che ha avuto, dopo gli anni '60, l'aumento della produttività indotta dall'innovazione tecnologica. L'accelerazione forzata dei meccanismi di espansione ha allora fatto saltare qualsiasi possibile parallelismo tra produzione e consumo: l'abbattimento dei costi di produzione, la saturazione della penetrazione dei beni di largo consumo, tutto ciò va ben al di là di usuali crisi di sovrapproduzione e, del resto, la rapida ereRouen-Gazelle Marce! Duchamp da Ca mille Lieucy (19l l) 70 scita della disoccupazione nei paesi Ocse ne è l'indicatore più vistoso. Questo aumento di produttività non si coglie nei dati aggregati, ma si individua in alcuni settori che sono risultati determinanti e va ricondotto all'innovazione tecnologica che in alcuni campi - informatica ed elettronica, ad esempio, ma ancor più ingegneria di sistema o struttura della materia - è stata certamente galoppante. Certo altri fattori sono in1ervenuli ad appesantire la situazione dell'economie industriali, ma pare a noi che l'elemento rappresentato dal binomio innovazione tecnologica/aumento della produttività sia stato dominante. 4. Si è risposto a questo fenomeno attraverso una pluralità di percorsi. In parte, attraverso lo strumento classico dell'espulsione di forza lavoro, in tutte le sue possibili forme. Arma spuntata tuttavia, per i conflitti sociali che induce e perché comunque indebolisce la tensione della domanda e perciò apre conflitti intersettoriali e di area. Si è risposto anche attraverso un'altra via classica dell'espansione: utilizzare innovazione tecnologica per nuove produzioni, inducendo nuovi bisogni con ulteriore consumo di risorse e di ambiente. Ma la via principale, che ha rappresentato da alcuni decenni la risposta tendenziale alla «saturazione» della cittadella dei paesi avanzali, è stata la spinta all'allargamento dei confini del sistema produzione/consumi, in modo che l'equilibrio si potesse ristabilire con un nuovo patto, così come era avvenuto cento anni fa nell'ambito delle democrazie industriali con l'accesso di fasce sociali più ampie a livelli crescenti di consumi. Allargamento verso il Sud e verso l'Est del mondo. 5. Ma il tentativo di rilanciare l'onda espansiva con nuove produzioni o allargando il mercato, si infrange oggi sul secondo fattore di novità sopra annunciato, che è, per l'appunto, la questione ambientale, vera e propria mannaia. Guardiamo dunque, in che cosa
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