«concertazione di piano» del tipo di quella descritta) è quello di una più spinta ridistribuzione della durata del lavoro (labor sharing). La de-industrializzazione non solo non ha visto svilupparsi la occupazione industriale (che ormai declina non solo in senso relativo, ma anche in senso assoluto, così come a suo tempo è avvenuto per l'occupazione rurale, tenendo conto anche del fatto che la popolazione complessiva tende ormai a decrescere piuttosto che a crescere nei paesi avanzati), ma vede decrescere anche la occupazione totale. Ciò richiama la osservazione recente di Leontief che malgrado i notevoli incrementi di produttività dell'ora di lavoro, realizzatisi nei paesi più industrializzati nell'ultimo trentennio, la durata media della giornata di lavoro è rimasta pressoché stazionaria 17 • Questo fenomeno di «vischiosità» può divenire assai grave se perdurerà nelle forme attuali. L'aumento delle opportunità della società post-industriale (informatica e robotica) non può lasciare ad una sempre più ristretta classe di occupati a pieno tempo (nell'industria come nei servizi) il compito di sostenere il consumo materiale di risorse di una sempre più larga classe di inoccupati (studenti in permanenza, pensionati, casalinghe, figli in casa fino all'età adulta, «artisti», «studiosi», «brasseur d' affaires», faccendieri, nulla-facenti, etc.: insomma questa nuova classe di profittatori del lavoro altrui corrispondenti nel nostro secolo ai «faineants» del XVIIIsecolo e ai «redditieri» del XIX secolo). E ciò solo perché l'elevata efficienza dell'industrialismo moderno lo permette. Prima o poi, la sovra-struttura sociale si adeguerà alla struttura economica e si imporrà un drastico processo di ristrutturazione, fondato sulla redistribuzione del lavoro e su radicali riduzioni della durata giornaliera del lavoro per tutti. E lo slogan, male inteso, di «lavorare meno per lavorare tutti» ritroverà il suo autentico significato di «lavorare tutti per lavorare meno»! In proposito occorrerà che governi, imprenditori e sindacati si preparino adeguatamente a ciò, magari nel qua- {',lLBIANCO ~ILROSSO I n•~-S, I a il dro di una «concertazione sociale di piano» del tipo descritto, introducendo gli strumenti operativi per la attuazione di quella riduzione: organizzazione del lavoro di equipe, formazione sul lavoro, continuità dei servizi pubblici, etc. Conclusione Molti hanno detto che il secolo ventunesimo sarà il secolo dell'informatica. E che il lavoro manuale scomparirà quasi da per tutto; e diminuirà fortemente l'erogazione di lavoro umano per lavori non volontari. Ma non diminuirà il bisogno di conseguire obiettivi sociali, nei paesi e alla scala mondiale, e di dedicare ad essi risorse ancora terribilmente scarse da un lato, e terriHenri Gaudier-Brzeska Astratto (1914) 63 bilmente sprecate, dall'altro. La stessa diminuzione dell'impegno lavorativo non volontario non potrà avvenire senza la confluenza di ordinate politiche a medio e lungo termine. Forse il secolo ventunesimo, vedrà per la prima volta nella storia dell'umanità, i governi cercare con strumenti informatici sempre più potenti di instaurare dei seri metodi di programmazione, rispetto ai quali i tentativi degli anni 60, e altri sporadici tentativi in giro per il mondo, costituiscono solo una timida anticipazione darilanciare e far progredire. La pazienza che deve animare le nostre e le future generazioni di operatori politici deve essere grande: almeno quanto grande è il cambiamento di una società che riuscirà finalmente a autodeterminarsi, e a «governare» il proprio futuro. Note 1 Così infatti è strutturata la sua maggiore opera sui principi e metodi della politica economica (Tinbergen. Economie Policy: principles and design, 1966,si veda la giustificazionedi questa partizione, nel capitolo 1). 2 In verità, ogni «governo» dell'economia, anche con l'orizzonte temporale più breve, si proietta nel futuro. Ma ciò non toglie senso ad una distinzione cospicua fra un «governo del presente» (che spesso non è altro che un «governo del passato»!) e un «governo del futuro». Il primo che si pone obiettivi a breve, scaturenti da problemi emergenti nell'oggi, senza alcuna loro proiezione nel futuro. E il secondo, evidentemente, fondato su obiettivi di più largo respiro e su una visione più generale del benessere sociale nel medio e lungo periodo. Non si può dunque che pensare a questa seconda accezione, quando si parla di «governo del futuro». 3 Sul tema del rapporto fra governo degli strumenti nel processo di costruzione del piano di Leontief ha usato l'analogia fra il pianificatore e l'ingegnere idraulico incaricato di regolamentare un importante sistema di acque, ove «dighe, argini e chiuse qua e là devono essere sistemati in modo tale da poter sfruttare la corrente naturale spinta dalla gravità (il movente del profitto) ma allo stesso tempo devono permetterci di eliminare le inondazioni e le devastazioni della siccità» (Leontief, «National Economie Planning: Methods and Problems», in Essays in Economics, Oxford, 1976,p. 156).
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