Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 41/42 - giu./lug. 1993

riodi originari in cui le tecnologie di bilancio costituiscono ancora delle novità di difficile acquisizione, una certa maggiore influenza dei «tecnocrati» sulle decisioni dei managers. Ma man mano che le pratiche si sviluppano, ed anche i managers si abituano con il tempo ad essere beneficiari delle tecniche e dei processi di pianificazione, il momento decisionale - pur avvalendosi più largamente e cosapevolemente di dette tecniche - tenderà a ricuperare la sua autonomia rispetto al momento tecnico. Ma rispetto a queste tecniche, l'esperienza storica, nelle democrazie occidentali ed anche negli altri paesi (comunisti e del Terzo mondo, anche se per ragioni e aspetti diversi) è ad uno stadio primitivo. La società industriale che conosciamo (e quella sua escrescenza posi-industriale che per certi versi ha fornito con il suo grande sviluppo dell'informatica, delle basi operative particolarmente favorevoli allo sviluppo delle tecniche di pianificazione socio-economica) ancora è all'anno zero per «governare il futuro». La «scienza della programmazione» Con l'esperienza storica, è all'anno zero anche la «scienza della programmazione»: cioè quell'apparato di tecniche, di metodi, che possono elaborarsi, raffinarsi, progredire, solo con l'ausilio delle applicazioni su vasta scala. Non che in tutti i campi, da quello economelrico a quello tecnico-giuridico, da quello ecologico a quello sociologico, non si siano fatti dei progressi scientifici notevoli. Anzi, l'assenza di un serio, organizzato, campo di applicazione, ha anche spinto la riflessione e la ricerca verso elucubrazioni eccessive, molto teoriche, senza l'adeguato sussidio della verifica e della sperimentazione. In altri termini, ha spinto la produzione scientifica troppo avanti, e in una direzione sbagliata: quella accademica; con il risultato di un grande dispendio di energie, che politicamente e sociologicamente, ha avuD!LBIANCO ~IL ROSSO 1u-i.-w 1 a; 1 lo solo il risultato di creare un apparato parassitario (universitario e parauniversilario) di ricerca, orientato in questi campi non a preparare decisori e analisti seri per i ruoli di manager della programmazione a tutti i livelli operativi, ma solo professorini della cattedra, che si baloccano su raffinatezze astratte pseudo scientifiche scambiate per analisi raffinate della realtà. (La playometrics come la chiamava Frisch, non senza amarezza, difronte ali' assenza endemica di dati statistici utili per la applicazione delle tecniche informa tiche - così in sviluppo - a problemi concreti di programmazione economica e sociale). Eppure non mancano le voci nella comunità scientifica di tutto il mondo, per rivendicare la necessità di operare verso un approccio interdisciplinare, poi multidisciplinare, poi lransdisciplinare, per la «scienza della pianificazione», che si potrà creare solo inter-agendo con l'avvio a sistemi seri di programmazione a livello di governo (locale, nazionale, transnazionale, mondiale)9. Gli strumenti ci sono, qui e là, sparpagliali e spesso sprecali. Si tratta solo di metterli insieme e finalizzarne l'uso, con una coscienza avanzala delle interdipendenze. Senza la quale non si hanno decisioni consapevoli, e quindi l'effettivo «governo» dei risultati 10 . Il cammino è difficile è l'approccio strategico non chiaro: talora può sembrare che sia largamente questione di migliorare la qualità dell'appredimento (quello scolastico e parascolastico) e che tutto passi per una migliore formazione dei managers, pubblici e privali, gli allori delle decisioni più «razionali»; talaltra può sembrare che ciò avverrà quando problemi ed istituzioni nuove di programmazione avranno creato la «domanda» nuova di operazioni di questo genere e dato una finalizzazione agli studi e alla stessa formazione degli addetti ai lavori. In realtà è difficile stabilire con certezza unprimum mobile in materia. Il tutto è sicuramente interagente, ma le priorità strategiche possono variare con le circostanze. 60 La concertazione sociale di piano È più che nolo che la società industriale o post-industriale contemporanea è fortemente caratterizzata da una notevole pluralità di centri di potere e di decisione interni alla stessa struttura dello stato (diversi organi decisionali dello stato, enti pubblici, comunità regionali e locali, etc.), ed esterni ad essa (la cosiddetta «società civile» che acquista nello sviluppo economico e sociale, sempre maggiore consapevolezza della sua autonomia e dei suoi poteri: sindacati, di imprenditori e di operai, nonché varie forme associative di interessi, sia materiali che ideologici). I titolari della responsabilità politica delle decisioni sono molti: dal Governo centrale a quelli locali, ma anche ormai le forme crescenti di governo sopranazionale (l'Unione europea nata dal trattato di Maastricht, per es.). La loro molteplicità è garanzia di dinamismo e di attivismo, specie quando lo stato non interviene troppo nel condizionarla con troppe regole e soprattutto con iniziative non coordinate dei suoi organi, a ciascuno dei quali fa capo la pressione di una qualificata rappresentanza di interessi di parte. Anche quando alcune «relazioni» industriali si svolgono fra le parli in modo autonomo (caso tipico la contrattazione collettiva dei salari e delle altre condizioni di lavoro), lo staio viene spesso coinvolto, sia per gli effetti generali che la contrattazione settoriale produce, sia per le difficoltà interne allo stesso processo di contrattazione. Abbiamo già detto che tutto questo pullulare di centri decisionali largamente autonomi fa sì che l'apparente «governo» delle cose (per adattamento spontaneo o «accordo», qui e là, fra un organo dello stato e l'altro, o tra quell'organo dello stato ed un dato gruppo di interessi) non si discosti da una gestione del caso per caso, in cui assai spesso si disfà da una parie quello che si lesse dall'altra (e gli studiosi hanno una grande massa di eventi e di comportamenti su cui impiegare il loro tempo di analisi ex posi cercando di dargli un significato «razionale»).

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==