Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 41/42 - giu./lug. 1993

di programmazione. E ogni pretesa di decisione, se fatta in ragione di emergenze o di criteri che ignorano le analisi delle interrelazioni o delle interdipendenze mediante appositi strumenti analitici (di cui diremo fra poco), rischia solo di fare del danno, nel senso che impedisce - come giustamente asseriscono i fedeli della mano invisibile o i cultori del darwinismo sociale - l'adattamento naturale o spontaneo del sistema delle interrelazioni (che è sempre meglio di interventi unilateriali e inconsapevoli)6. In queste circostanze i teorici delle deregulation hanno sacrosanta ragione7 . Insomma, quello che vorremmo dire è che per «governare il futuro» occorre instaurare, delle procedure ed adottare delle «tecniche», che sono ben lontane da quelle che si impiegano per «governare il presente». Nel presente di può governare il caso per caso, le emergenze, e si può adottare un insieme di approcci unilaterali: purché gli obiettivi che ci si propone non pretendano di essere obiettivi di destinazione. Nel futuro, non ha proprio più senso l'ottica parcellizzata dei singoli problemi. Il futuro, per definizione, è un insieme, uno scenario complessivo della vita sociale. Nel presente, le contraddizioni, le incoerenze, le incompatibilità, l'assenza di coordinamento di ogni azione di governo, sono per così dire «nascoste» dalla esuberante priorità del singolo problema, de singolo obiettivo. Nel futuro non c'è un singolo problema da affrontare, o un singolo obiettivo da perseguire, in nome del quale poter ignorare le interdipendenze, e quindi le analisi di compatibilità. «Governare il futuro» significa o programmare il futuro, o non governarlo affatto. E, per governarlo, occorre adottare, senza mezzi termini, senza tentennamenti, senza comode omissioni, senza ambigui atteggiamenti, le logiche, i requisiti, le tecniche della pianificazione (o della programmazione, se si preferisce). Ma, prima di tutto, occorre riconoscere la necessità di tutto questo. {)!LBIANCO ~ILROSSO 1tX 11 - t 1 a; 1 Requisiti elementari per governare il futuro Che cosa si può intendere per pianificazione dello sviluppo sociale? Quali sono le sue logiche, i suoi requisiti, le sue tecniche? Molto si è detto e scritto in proposito. Qui sintetizzeremo (eribadiremo) alcuni concetti che ci sembrano sempre validi, importanti ed essenziali. Prima di tutto, governare o programmare lo sviluppo della società non significa necessariamente aumentare il campo di quello che viene oggi definito il settore «pubblico» rispetto a quello «privato», né aumentare l'incidenza dell'intervento pubblico rispetto a quello privato, come spesso - in buona o cattiva fede si sostiene. Anzi, è stato spesso e autorevolmente sostenuto che la programmazione dello sviluppo da parte di efficienti e illuminati organismi pubblici, non farebbe che diminuire la necessità di interventi risanatori o compensatori pubblici (dello stato) sui danni che l'assenza di programmazione, quindi di previsione, quindi di prevenzione, abitualmente provoca; detti interventi non fanno che aumentare, ingigantire l'intervento complessivo dello stato rispetto a quello che sarebbe strettamente necessario8. N. Goncarova Disegno (1913) 59 Ma diamo uno sguardo ora alle logiche, ai requisiti e alle tecniche della programmazione come azione di governo. Si tratta di sviluppare la capacità (da parte dei «decisori», cioè i titolari delle rappresentanze politiche, a qualsiasi livello comunitario si esplichi il loro «governo»; ma della pluralità dei centri di decisione politica diremo più in seguilo), di: - conoscere i problemi della comunità amministrativa; - formulare, rispetto a detti problemi, degli obiettivi, secondo scale di preferenza; - conoscere i vincoli e le condizioni, di risorse materiali e finanziarie disponibili alla comunità in questione; - identificare gli strumenti usando i quali si avrebbe la possibilità di ottenere risultati nel perseguimento degli obiettivi preferiti e dei traguardi fissati in ordine ad essi (sulla base delle risorse disponibili); - tradurre lo studio dei rapporti obiettivi-strumenti, in piani, programmi e progetti di attuazione; - apprestare dei metodi per tenere sotto controllo nel tempo l'esecuzione e la gestione di detti piani, programmi e progetti. Insomma: se «governare il futuro» significa capacità di programmare, questa capacità di programmare si fonda su dei requisiti operativi, su una tecnologia che essa non può disattendere, a prezzo di far perdere di significato alla stessa azione del programmare. Per fare un esempio, peraltro assai prossimo, si può ricordare la costruzione dei «bilanci» (di una impresa o società, o addirittura di uno stato); essa deve rispettare certe regole, anche se questo rispetto può non influire (se non per renderla più chiara a se stesso, e quindi più efficace) sulla libertà di decisione dei managers (di quell'impresa, società o staio). Nessuno ha mai pensato di poter accusare i ragionieri che costruiscono i bilanci, di essere dei «tecnocrati» che si appropriano subdolamente delle leve di decisione e di potere degli enti cui si riferiscono i bilanci. Potrà esserci (come ci sarà staia) effettivamente nei pe-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==