rinnovarsi costante dei gusti e degli stili di vita ed anche il costante rivolgimento delle tecnologie, alcuni problemi detti «di fondo» che hanno sempre costituito il riferimento di tutte le programmazioni del passato, non hanno mostrato molta variabilità. Questioni come quelle: - della «povertà», cioè del persistere di strati di popolazione che rimane indigente malgrado gli aumenti della ricchezza circostante; - della «disoccupazione», cioè della incapacità di redistribuire in modo più equo per gli uni e per gli altri (i sottooccupati e i «sovra-occupati») le opportunità di lavoro e la relativa titolarità dei redditi fra tutti i citttadini della comunità; - della «ingiustizia fiscale», cioè di una distribuzione degli oneri fiscali manifestamente sperequata; - della criminalità e dei comportamenti di devianza sociale, che malgrado il benessere sociale non si riescono a debellare; - della distruzione dell'ambiente, che continua a perpetrarsi malgrado il grande chiasso «verde» che si fa; - della inefficienza dei servizi pubblici (dalla sanità, ai trasporti, alla giustizia); - della assenza di solidarietà, cooperazione e organizzazione politica internazionale, che non sembrano migliorare mediante un rafforzamento dei poteri sopranazionali, malgrado le importanti trasformazioni di assetto mondiale intervenute; - dello spreco militare, che non si riesce a trasformare in strumento di polizia umanitaria mondiale; e altre questioni «eterne» delle nostre società contemporanee non sembrano aver modificato granché la loro fisionomia da trenta, quaranta e forse anche più anni, da non poter costituire una base stabile e non effimera di scenario programmatico «sostanziale» per un governo del futuro, nel senso indicato. È indubbio però che anche tutte queste questioni sostanziali (e non procedurali) non abbiano trovato il modo di essere meno «stabili» e più «effimere», purtroppo, perché non af- {)!LBIANCO ~ILROSSO 1111)-•i§t M;J frontate nel modo giusto, cioè attraverso appropriati processi di programmazione a medio e lungo termine; cioè perché non «governate» attraverso appropiate innovazioni processuali ed istituzionali. Ecco perché il secondo aspetto sotto il quale - come abbiamo detto - si presenta il problema del governo del futuro, quello relativo a come programmare (aspetto che abbiamo definito procedurale), acquista una valenza sostanziale, perché è attraverso il perfezionamento delle tecniche e delle procedure della programmazione che si rende possibile creare scenari sostanziali plausibili, costruiti in modo da essere strumenti di scelta e di decisione effettiva, e quindi di autentico governo del futuro. I contenuti di questi scenari, infatti, potrebbero essere composti - in termini di finalità, obiettivi e traguardi da raggiungere - dagli stessi contenuti delle questioni che abbiamo evocato più sopra come particolarmente (e sorprendentemente) «stabili», malgrado i ritmi di cambiamento della società che viviamo; e magari, insieme, anche da altre questioni - presumibilmente meno «stabili» - ma che potrebbero emergere, in questa o quella situazione, come oggetto di particolare interesse e priorità. Ma è il modo in cui questi contenuti (obiettivi, traguardi, etc.) saranno «trattati» nel processo tecnico-scientifico e politico di pianificazione, che ne determina l'efficacia di gestione e di attuazione. Una metodologia nuova per la programmazione Tutti quei problemi, quelle questioni, quei «contenuti», non hanno vita propria. Essi sono tutti interrelati, nel momento in cui diventano oggetto di «governo», di programmazione. Forse nella fase analitica, ciascuno di quei problemi, può essere considerato separatamente, con l'ausilio di specialisti della materia. Ma la fase valutativa, programmatica e decisionale è una fase «sintetica»: in cui ogni problema deve essere messo a confronto degli altri: se non altro in riferimento alle ri58 sorse materiali che le sue soluzioni necessariamente impiegano, e che sono per definizione scarse. Ma oltre che rispetto alle risorse (scarse) comuni, quei vari problemi (e i vari obiettivi generali che possono generare) sono interrelati anche da compatibilità ed incompatibilità logiche. Talora la soluzione di un problema è sinergetica con quella di un altro, talora va in direzione contrastante con quella di un altro, talora è indifferente. Poi, c'è da considerare il grado in cui tutto ciò avviene. L'insieme delle relazioni fra problemi e obiettivi va analizzata, studiata e schematizzata appropriatamente, perché è alla base della definizione dei «traguardi» che l'azione - nelle diverse direzioni - si propone. Un traguardo non può essere che il raggiungimento di un obiettivo, limitato dai vincoli e dalle scelte di «scambio» (trade o!!) con il raggiungimento di altri obiettivi. Detto traguardo può essere espresso in termini quantitativi o qualitativi (è raccomandabile, ove possibile, l'espressione quantitativa); ma è sempre il risultato una scelta operata entro i limiti di situazioni vincolate. I casi in cui tali limiti vengono debordati o, peggio, (e sono quelli più correnti) i casi in cui non vengono neppure presi in considerazione, sono anche i casi che producono obiettivi non raggiungibili; obiettivi che rimangono pertanto solo intenzioni. Sono i casi in cui una decisione non è neppure decisione, giacché ha scarsissime probabilità di essere attuata, e per ottime ragioni; e sono i casi in cui non si ha nessuna idea degli effetti (positivi, negativi) prodotti nel contesto degli altri problemi e delle altre decisioni. Sono i casi in cui il governo del futuro si riduce solo a governo del presente, che è il suo antitetico. E rispetto alla sua «destinazione», il governo del presente, si riduce ad essere governo del niente (o della chiacchiera). Per quanto scioccante possa essere, il governo della economia che oggi prevale nelle nostre configurazioni politiche, non governa niente, perché non utilizza alcuna procedura tecnica
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