Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 41/42 - giu./lug. 1993

fatidico 2000, da cui ci divide meno di un decennio); b) come programmare detto futuro; c) chi sono gli attori (decisori, soggetti beneficiari, titolari di questa programmazione). Attiene al primo aspetto, per rientrare nella metafora, la definizione della destinazione del viaggio verso il 2000. Al secondo aspetto, attiene la definizione del modo in cui fissare la rotta, intesa come percorso, velocità, tempi, rifornimenti, riposo, assegnazioni di compiti fra l'equipaggio, ecosì via. Al terzo aspetto attiene il problema di chi sono i passeggeri, come partecipano alle scelte della destinazione e della rotta, di come si concertano tutte le modalità del viaggio fra viaggiatori, marinai e ponte di comando. Gli obiettivi di destinazione Dunque si è detto che «governare» lo sviluppo della società, significa postulare l'opportunità che l'insieme della vita sociale trovi il modo - in una società democratica e pluralista - di essere coscientemente orientata alla soluzione di problemi comuni e al conseguimento di obiettivi comuni, con strumenti comunemente e concordemente apprestati, con il più largo consenso possibile sia dei beneficiari finali (i cittadini, nel loro insieme o gruppi specifici di essi), che degli operatori che dovrebbero mettere in opera quegli strumenti. Una buona dose di riflessione, di consultazione e, infine, di decisione sociale, dovrebbe essere portata dunque sui contenuti di questa società del futuro, presumibilmente migliore, che si vuole costruire - poniamo - nel prossimo decennio. Malgrado numerosi dibattili, e numerose idee emerse, ho l'impressione che la qualità delle proposte e delle configurazioni sostanziali finora prodotte non sia del tutto soddisfacente. Quanto a scenari proposti, si è un po' scarsi. Quel poco che si è riusciti a dire, è alquanto ovvio: non a caso trova ampi consensi fra le espressioni politi- {)!LBIANCO ~ILROSSO 1neJ.-m 1 a; 1 Morlon L. Schamberg Senza Titolo (1916 c.) che e sociali più disparate, il che non sempre è un buon segno. Molto si dovrebbe ancora fare in proposito, anche se non è certamente da sottovalutare la difficoltà che obiettivi generali societali precisi e duraturi possano emergere con nettezza, in un'epoca di grandi trasformazioni culturali, tecnologiche e quindi anche ideologiche. Infatti in un'epoca di rapidi e continui cambiamenti tecnici, economici, sociali, in cui lutto diventa rapidamente obsolescente, anche gli scenari e le preferenze pubbliche e privale sono soggetti a rapida obsolescenza. È nolo che ciò è stato spesso alla base di un grande «disincantamento»» verso l'idea di poter «pianificare il futuro». Unasocietà che si governi In una situazione del genere è probabile che il «tipo» di società migliore che polrebb costituire la destinazione del viaggio al 2000, non sia tanto daricercare nei suoi «contenuti» socioeconomici, quando nel suo funzionamento, nelle sue modalità operative: per esempio che il tipo di società da prospettare nel futuro sia quello di una società che sappia e voglia «programmare» il proprio futuro (qualsiasi esso possa essere prospettato e via via modificato nella prospezione stessa); e 57 quindi quello di una società che sappia anche dotarsi degli strumenti istituzionali, procedurali, politici per programmare detto futuro. L'obiettivo di fondo, in questo caso, diverrebbe appunto il passaggio da una società senza governo (senza destinazione futura), ad una società che si governa: da una società casuale (o «pianificata» dagli eventi) ad una società che pianilica5 . Ma anche con questa conversione dello scenario di «società» futura (dagli aspetti sostanziali agli aspetti procedurali), non è da sottovalutare il ruolo che avrebbe l'instaurazione di metodi di programmazione del futuro (con tecnologie connesse, specialmente di tipo informatico) nel migliorare la capacità sia dei decisori politici che degli stessi cittadini, ove adeguatamente portati a partecipare ai processi di decisione, nello «stabilizzare» le stesse prospettive di scenario futuro. Questa stabilizzazione consisterebbe nella eliminazione di fattori di cambiamento non fondamentali ma effimeri, come quelli della moda e della ricerca fine a se stessa del nuovo; fattori che potrebbero essere visti essi stessi come effetti, piuttosto che cause, di una situazione di incertezza e di alea - lorielà del futuro. Infatti, ove questo futuro trovasse il modo di essere più «programmalo», dai decisori politici e dai cittadini stessi, potrebbero scattare dei meccanismi di maggiore «serietà» nella formulazione delle scelte, e successivamente· di maggiore «affezione» alle scelte stesse; ed una loro maggiore subordinazione - data la prospettiva del lungo periodo - ad una ricerca dei «valori». È noto che i valori, presso la genie, sono assai più stabili che non i desideri, i bisogni o i consumi; e la programmazione potrebbe rendere le scelte meno vulnerabili all'obsolescenza dei tempi. Stabilità relativa di alcuni obiettivi di fondo D'altra parte non è neppure da dimenticare che malgrado la rapida obsolescenza degli scenari, malgrado il

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