Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 41/42 - giu./lug. 1993

{)!L BIANCO ~IL ROSSO Miiidlit+i tutti i collegi uninominali i candidati eletti (se a turno unico) o che partecipano al ballottaggio (se il sistema sarà a doppio turno) appartengano sempre e soltanto alle medesime due aggregazioni politico-elettorali. Per sua natura il sistema elettorale maggioritario non tollera una frammentazione della rappresentanza come il proporzionale, ma non impone certo che si formino due soli raggruppamenti. Di destra e di sinistra, per intenderci. Nel nostro futuro prossimo (almeno fino a quando non si faranno appropriate riforme istituzionali) si continuano ad intravedere coalizioni. Sicuramente meno sterminate di quelle del passato. Ma sempre coalizioni. Poiché però, in ogni caso, la nuova legge elettorale spinge ad aggregarsi, con chi debbono aggregarsi i socialisti? Con chi e per far che cosa debbono partecipare alla competizione ed alla lotta politica? A mio giudizio sono questioni che i socialisti possono risolvere meglio con la loro storia, che con la geografia (vale a dire la loro collocazione a sinistra). 4. Il Pds propone una federazione (o confederazione) di sinistra. Si tratta di una formula e di una proposta politica che sembra guardare con fiducia più al passato che al futuro. Se l'obiettivo infatti, anche per il Pds è quello di battersi perché la transizione (nella quale siamo entrati) abbia come sbocco (a cui vogliamo arrivare) l'alternanza, la prima cosa da fare è di puntare ad una aggregazione di forze progressiste e democratiche che possano candidarsi a dirigere il paese. Ora nella costellazione della sinistra italiana ci sono forze (federate, o sciolte) che non sono utilizzabili a questo fine. Si tratta di quelle forze che non hanno fatto i conti con le ragioni del fallimento del comunismo; forze di opposizione, per principio, o per testimoninanza; forze disposte a cavalcare tutte le iniziative di opposizione sociale, anche le più scriteriate. Si può giustamente osservare che posizioni di questo tipo esistono anche in altri paesi europei. In alcuni casi sono addirittura interne ai partiti della sinistra governativa. C'è da dire però che: primo, sono assai più marginali che da noi; secondo, quei partiti han45 no una solidissima ed antichissima tradizione socialista democratica ed una robustissima dirigenza formatasi in quella tradizione. Cosa che, con tutto l'apprezzamento ed il rispetto per la sua evoluzione, non si può dire del Pds. In queste condizioni una «federazione di sinistra», ad oggettiva ed inevitabile egemonia Pds, costituirebbe più un ostacolo che un contributo alla costruzione di una aggregazione progressista e democratica. Occorre invece una aggregazione di centro-sinistra che, in sostanza, sappia unire ed esprimere il meglio della cultura e della tradizione del movimento operaio, del riformismo socialista e del cattolicesimo democratico. Si tratta, in sostanza, della stessa ipotesi che è stata posta alla base della costruzione di «Alleanza Democratica», ma che mi sembra irrimediabilmente contraddetta dalla sua vocazione elitaria e dal conseguente atteggiamento di chiusura verso quei settori del Pds, del Psi e della Dc che avrebbero potuto assicurare al progetto il necessario radicamento sociale. 5. Può apparire paradossale, dopo la tempesta che ha portato al naufragio il Psi, ma questo compito avrebbero potuto e dovuto assolverlo (appunto per la loro storia) i socialisti. Ma per farlo, all'istinto di autoconservazione (che rischia soltanto di ridurre quel che resta del Psi ad una zattera per naufraghi) avrebbe dovuto opporre la coraggiosa decisione di rimettersi totalmente in discussione. Cosa che comportava, invece della sostituzione del segreteraio dimissionario (come se si fosse trattato di rimediare semplicemente a qualche incidente di percorso), l'azzeramento di tutti gli organismi dirigenti, la costituzione di un piccolo comitato, con il solo compito di convocare in tempi brevissimi una assemblea rappresentativa per definire i contenuti, le forme ed i modi di un apporto socialista alla politica del futuro. Tutto questo non si è verificato ed è la ragione che mi induce a ritenere che l'elezione di Ottaviano Del Turco (indipendentemente dalle sue qualità e dal suo impegno) sia più un segno del vecchio che resiste, piuttosto che del nuovo che avrebbe dovuto nascere.

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