{)!L BIANCO ~ILROSSO Miililltd a questa causa con qualche coerenza. Penso che un buon riformista è un uomo, una donna, che non piega la testa quando sa che difende le sue ragioni. È prondo a dare battaglia: anche aspra. Ma la qualità di un socialista riformista si coglie nella sua interezza se il giorno dopo la battaglia sa riprendere il dialogo per l'unità. Ho l'orgoglio di aver guidato i lavoratori socialisti della Cgil alla battaglia del febbraio del 1984. Con Benvenuto e Camiti abbiamo combattuto la più bella battaglia della nostra vita. La nostra ossessione per: - difendere le buone ragioni e la nostra identità; - difendere ostinatamente la nostra unità. La strada che indico è questa: - difesa ostinata delle nostre buone ragioni; - dialogo aperto ed unitario ogni giorno, su ogni tema. Non ho mai accettato l'idea che lo spazio a sinistra era troppo affollato di comunisti e che lo spazio vitale per noi era da cercarsi altrove. Chi ragiona così commette due errori: uno contro la storia naturale del Partito che è stato, e rimarrà forza determinante della sinistra italiana. Uno contro la realtà della nostra aerea di influenza elettorale. L'idea di una sorta di divisione del lavoro che attribuisce a noi la ricerca dei consensi residui del ceto medio progressista che sfuggono alla Dc, regala al Pds, oltre al resto, il monopolio della rappresentanza del mondo del lavoro dipendente. Unità, confronto aperto sulle cose; ricerca paziente, ostinata di tutto ciò che può rendere autorevole e forte la voce del mondo del lavoro; tessitura quotidiana di rapporti con tutti i protagonisti della tradizione laica, liberale, progresFrancesco Cangiullo Parole in libertà (Le coriste, particolare) (1915) 40 sista, radicale per rendere più rappresentativa, più forte, con consensi più grandi, la nostra azione politica. Forti di questo ancoraggio, possiamo guardare con attenzione al travaglio in corso nella Dc. Attenzione e rispetto: le stesse attitudini che rivendichiamo per noi. Il nostro augurio è che Martinazzoli riesca nella sua azione di rinnovamento. Sappiamo quanto questo sia importante per la democrazia nel nostro Paese. Osserviamo bene, cari compagni, ciò che accade dentro la Dc, fuori di essa, nel suo mondo naturale. Avremo sempre ragioni di conflitto, di competizione, talvolta di scontro aperto. Ma la nostra storia dimostra che sono utili, talvolta necessari, talvolta irrinunciabili, momenti di collaborazione e di impegno comune. Non dipende solo da noi quale di queste opzioni prevarranno nei prossimi mesi. C'è sempre una ragione per riconoscersi e per legittimarsi reciprocamente. Non per un omaggio formale. Le grandi forze popolari, in una democrazia, collaborano tra di loro anche quando è alto il livello di competizione e persino la loro alternatività. Chi può sostenere che in questo crinale delicato della storia politica del Paese si possa fare a meno delle grandi e rinnovate aggregazioni dei cattolici democratici, del riformismo socialista e laico, del patrimonio di passione e di impegno dell'altra grande componente della sinistra storica che ha dato vita al Pds. Tutto è diventato precario dopo il 5 aprile: le vecchie maggioranze apparivano logore, quelle nuove non apparivano proprio.
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