Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 41/42 - giu./lug. 1993

i)jt BIANCO lXltROSSO iliiiiiilill ultimi cinque-sei anni questa degradazione della funzione politica ha raggiunto livelli inimmaginabili: quanto più la politica del Partito si arenava nelle secche di un tatticismo esasperato (e restava prigioniero di un accordo senza futuro con il vecchio gruppo dirigente democristiano) tanto più velocemente si diffondeva in giro per l'Italia la metastasi affaristico-clientelare. Il grande potere che si è assicurato questo «ceto politico» ha fatto sì che in troppi - al centro ed in periferia - perdessero di vista le ragioni ultime dell'impegno politico e trovassero più utile e conveniente servirsi del Partito come strumento di potere anche e soprattutto personale. Alcuni pensano e sostengono che questo genere di problemi non abbia rilevanza politica. Secondo l'illuminata opinione di costoro, il fatto che si tenti di consegnare ad un nuovo segretario del Partito un carico di debiti così imponente ( e così inspiegabile) non è questione politicamente significativa. Né è significativo il fatto che, al lume di logica, nessuno può pensare e sostenere che una tale montagna di debiti possa essere fronteggiata con mezzi e con operazioni lecite da parte di dirigenti che siano e vogliono restare onesti. E poi mentre si è fatto scempio di risorse in campagne elettorali del peggiore stile sudamericano, si è ridotto il corpo del Partito ed il suo giornale - il suo glorioso gionale - in una condizione comatosache è persino diffi.ciledescrivere. Tutto ciò non è significativo, cari compagni, perché questi gruppi dirigenti - ripeto sempre con le dovute e coraggiose eccezioni - non hanno nessuna intenzione di misurarsi - individualmente e collettivamente - con i problemi posti dall'esplosione della questione morale. Non hanno nessuna intenzione di misurarsi né con le conseguenze della loro sconfitta politica né con il discredito che ne è derivato al Partito presso l'opinione pubblica né con l'indignazione che sale dalla sua base. Questo gruppo dirigente non ha nessuna intenzione di mollare la presa. Ha solo il problema di non poter gestire il tutto in prima persona e di doversi quindi ricercare via via soluzioni che siano presentabili. Non importa che nel frattempo il Partito sia ridotto ad un cumulo di macerie. Che non riesca a portare le proprie bandiere tra i lavoratori il 1 ° maggio. Che non riesca a mettere insieme il numero minimo di persone per formare una lista in tante 35 realtà comunali. Che si trovi nella umiliante situazione di sentirsi dire da candidati sindaci che i suoi voti - i voti dei socialisti - non sono desiderati e desiderabili. L'unica cosa importante è che gli organismi siano rigidamente controllati. Che i vari gruppi si sentano rappresentati. Che il Partito sia saldamente nelle mani di chi una volta, tanti anni fa, ne ha acquistato il pacchetto azionario di maggioranza. Poiché non potevamo renderci complici di queste operazioni, abbiamo rotto gli indugf, così, quando la segreteria ha posto senza mezzi termini la questione del rinnovamento la reazione è stata violenta. Si è tentato in tutti i modi di delegittimare la segreteria senza tuttavia avere il coraggio di rinnovarla. Siamo stati investiti da una carica improvvisa di creatività politica dei gruppi parlamentari che improvvisamente si sono risvegliati da un lungo letargo. La più leggera delle accuse era che il segretario non aveva una chiara linea politica. In realtà all'Assemblea Nazionale del 15 marzo, la relazione del segretario era stata approvata all'unanimità. Ed in essa non solo venivano ribadite queste scelte, ma si indicava un chiaro percorso di rinnovamento all'interno del partito. Si proponeva una linea di netta discontinuità con il passato, sulla base dell'evidente considerzione che quella lunga stagione si era conclusa con una inappellabile e devastante sconfitta politica. Con non minore chiarezza veniva indicata in quella relazione la volontà di concorrere, con un Psi rinnovato, alla formazione di uno schieramento progressista che avesse un radicamento nuovo tra i ceti popolari ed in particolare nel mondo del lavoro. Abbiamo capito con il passare dei giorni che questa linea veniva subita, ma per nulla condivisa e tanto meno praticata. Il vecchio gruppo dirigente faceva buon visoa cattiva sorte. La controprova di tutto questo si è avuta dopo il voto della Camera per l'autorizzazione a procedere contro Craxi del 29 aprile scorso. Lo sbandamento dei gruppi parlamentari è stato impressionante e mai come allora è apparso evidente che la condizione di difficoltà personale nella quale molti compagni si trovavano aveva assunto un peso schiacciante rispetto ad ogni preoccupazione per le sorti del Partito e per la sua rinascita. Tutto ciò che era umanamente comprensibile

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