D!LBIANCO ~ILROSSO Miiiilit+i la perdita di interesse verso programmi e scopi dell'azione politica, e la progressiva conseguente omologazione dei partiti in agenzie di produzione di potere attraverso il potere; la balcanizzazione del potere, con la formazione di grupppi oligopolistici infrapartitici; la diffusione di un professionalismo cinico di con concorrenzialità aggressiva e di pseudo-managerialità sfrontata. 5. Lo sviluppo di questi fenomeni patologici comporta un costo sociale crescente: un'imposta invisibile, che la collettività comincia a percepire, e poi a contestare, quando il costo supera in modo evidente i servizi offerti dal sistema. E soprattutto, quando le difficoltà economiche e finanziarie impediscono di trasferire questi costi al futuro: prima come inflazione, poi come debito pubblico. 6. Occorre analizzare con obiettività le gravi conseguenze che questo processo di degenerazione da una parte e di delegittimazione dall'altra, comporta per la democrazia. Non si deve indulgere a interpretazioni complottistiche, trasversalistiche, misteriche. Non perché non vi siano complotti (la storia del nostro Paese ne è piena). Ma perché l'analisi poliziesca, invece di chiarire, offusca e complica la comprensione delle cose. E poiché i complotti nascono dagli squilibri politici e sociali, e non questi da quelli, è sul risanamento delle fondamenta del sistema che occorre dirigere l'azione riformatrice. Stabilito che i partiti restano le strutture essenziali di mediazione politica di una democrazia moderna, occorre ristabilire la loro funzione produttiva, mediatrice, e ridurre drasticamente la loro disfunzione intermediatrice. In ogni caso, non si può porre al Paese il ricatto: o i partiti o il caos. Questi partiti sono già il caos. E in ogni caso, è un ricatto che non funziona più. 7. L'azione riformista deve esplicarsi su due versanti: quello esterno del contesto «ambientale» e quello interno, del sistema strutturale e funzionale. Qui ci concentreremo avviamento sul secondo, investendo il primo temi vasti e diversi che vanno trattati sul loro terreno specifico. Senza però dimenticare che una riforma strutturale e funzionale dei partiti non può essere realizzata se non in combinazione con altre riforme «conte12 stuali»: in particolare, con la riforma elettorale, che ne semplifica il gioco; con la riforma parlamentare, che snellisce i processi decisionali; con la riforma regionale, che ne consente il decentramento. 8. Il primo e fondamentale obiettivo di un'azione riformatrice dei partiti è il loro «dimagrimento»: una ritirata generale del!' occupazione abusiva del suolo pubblico e una (conseguente) decongestione della nomenclatura. Questa ritirata dei partiti del settore pubblico non comporta la sua «privatizzazione». Lo Stato, inoltre, come accade in tutti i paesi del mondo deve conservare l'ivestitura di certe cariche strategiche. È però necessario che le procedure di tale investitura ne garantiscano la correttezza professionale e morale. Per il resto, è opportuno che il dimagrimento di partiti sia accompagnato da una disinflazione del settore pubblico. Non si tratta, però, solo di «privatizzazione». Si tratta di rendere autonome e il più possibile competitive le gestioni, di definire i programmi, di garantire le regole: indipendentemente dalla «proprietà». 9. La riforma del sistema-partito, della sua struttura e delle sue funzioni, può svolgersi in due modi: nel modo autonomo dell'autoriforma; o attraverso una disciplina legislativa che fissi regole e determini controlli per tutti i partiti. Come l'esperienza dimostra, non si può contare solo sull'autoriforma. Occorre un quadro robusto di regole comuni. Proprio perché i partiti non sono mere assicurazioni private, ma organismi fondamentali di mediazione tra la domanda politica diffusa e le istituzioni, è necessario un quadro normativo adeguato. Il quadro attuale non lo è, a cominciare alla Costituzione. Un primo passo può essere appunto la modifica dell'art. 49 della Costituzione, nel senso a suo tempo suggerito dalla Commissione Bozzi. 10. C'è poi bisogno di una legge-quadro che determini: a) le garanzie fondamentali di correttezza democratica nel tesseramento, nelle procedure interne relative al dibattito e alla formazione degli organi direttivi, alla convocazione delle assemblee e dei congressi;
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