O!LBIANCO ~ILROSSO ATTUALITÀ apatia, con cui sono accolte le loro «bravate» da una grigia, perbenistica, anonima, maggioritaria opinione pubblica. Anche quando storce il naso e trova che «adesso esagerano», è probabile che questa perbenistica opinione pubblica li approvi, come si approva di regola chi ha il coraggio o lo stomaco di fare i lavori sporchi che nessuno vuol fare, ma che ad ogni buon conto vanno fatti. In questo senso, il teppismo criminale dei naziskin, in Germania e nel resto dell'Europa, è politicamente e moralmente significativoe allarmante. Per quanto riguarda la scena politica e sociale tedesca di oggi, è giocoforza riconoscere che i naziskin godono di una base sociale o, più precisamente, di una cassa di risonanza sociale che nelle loro iniziative, anche in quelle criminali, trova una consonanza fondamentale. Questa corrispondenza o consonanza è ciò che è sempre mancata ai terroristi tedeschi. In questo senso, i naziskin di oggi sono più pericolosi dei terroristi di ieri. I naziskin sono il detonatore di una miscela di odio, malamente repressa per anni, che forse sta per raggiungere il punto di rottura, quello dell'esplosione. La Germania non è sola in questa esperienza. In tutta l'Europa, la miscela della paura e dell'odio, del rifiuto del diverso e della discriminazione anti-minoritaria sta oscuramente ribollendo nel profondo della consapevolezza sociale media, esplode a tratti in superficie, ma in misura limitata, come un'infezione epidermica. Dove hanno colpito i naziskin? Le loro aggressioni obbediscono a un piano, anche se ovviamente mancano in proposito prove giuridiche. Si tratta di moltiplicare i focolai dello scontento e della paura perbenistica, di convincere i buoni tedeschi come i buoni italiani e i buoni francesi che i loro «valori», le loro case, le loro abitudini, i loro posti di lavoro, forse addirittura le loro figlie e le loro mogli sono in pericolo. Gli «stranieri» avanzano. Gli ebrei, i sionisti preparano l'attacco alla «fortezza Europa», al suo benessere, alla sua ricchezza. È da questo punto di vista che si può comprendere come la minaccia posta in essere dai gruppi, pur sparuti e numericamente irrilevanti dei naziskin, non può essere seriamente fronteggiata e risolta solo con provvedimenti di polizia o misure legislative. Conta sullo sfascio della situazione politica 10 democratica, sulla disgregazione dei logori partiti usciti dalla Resistenza e sviluppatisi sulle rovine del fascismo e del nazismo, per recuperare le sue perdute fortune politiche. Alla fine, è probabile che la destra perderà il controllo del gioco, se mai l'ha avuto, convinto come sono che i naziskin e in generale la violenza odierna, da quella degli stadi sportivi agli incendi degli ostelli per profughi, sia orchestrata da organizzatori e finanziatori che non conosciamo. La «primitività» apparente dei naziskin non dovrebbe ingannare. Del resto, non solo in Germania e in Francia, ma anche in Italia e in Inghilterra le violenze dilagano a pelle di leopardo, si direbbero un modo di saggiare le capacità di resistenza dei governi democratici e nello stesso tempo una tecnica raffinata per limare i nervi dei borghesi perbenisti. Hitler ha perduto la guerra, si è probabilmente suicidato nel bunker, ma il suo spettro si aggira ancora fra noi. Si direbbe che la memoria abbia fatto naufragio. Razzismo e anti-semitismo tornano a confluire e si rafforzano a vicenda. Ben il trentadue per cento dei tedeschi di oggi trova che gli Ebrei nella Germania nazista hanno avuto solo quello che si sono meritato; il quaranta per cento dei polacchi non vorrebbe un ebreo per vicino; cinque milioni di italiani dichiarano di desiderare che i loro trentacinquemila concittadini ebrei se ne vadano dall'Italia, per non parlare della «pulizia etnica» che si sta conducendo, con zelo eccezionale e omicida, nella ex-Jugoslavia. In Italia vi è stato addirittura chi ha ritenuto che Hitler abbia commesso solo qualche «errore di stile» (forse gli arredamenti delle camere a gas lasciavano a desiderare - ed è giusto che ciò sia rilevato da un italiano, memore della vocazione estetica del suo popolo). Marx una volta ha detto che i fatti storici prima si verificano con tragedia; poi, tornano come farse. Siamo alla farsa. Si pensi, per convincersene, alle straordinarie, per quanto estetizzanti e decadenti, metafore del «Manifesto futurista» di Marinetti e le si metta a confronto con il banale, popolaresco ma gaglioffo, slogan odierno, «La Lega c'è la duro»: un'espressione miserabile del!' ipermaschilismo fascistoide, troppo esibito per non far pensare ad una profonda insicurezza. Forse siamo alla farsa. Ma la farsa può essere mancabra e omicida.
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