{)!LBIANCO ~ILROSSO re sul fallimento» di cose alle quali ho creduto e che hanno ispirato parti importanti, e fondamentali, della mia attività e del mio pensiero, è necessaria una riflessione su noi stessi e sulla mia generazione, e sull'azione che abbiamo svolta nel periodo, oramai non breve, durante il quale abbiamo avuto responsabilità importanti nella vita del Pci e in quella, più generale, delle istituzioni democratiche del paese. Un'analisi critica - torno a ripeterlo - non può partire dalla demolizione di un passato, che sarebbe stato solo carico di errori, e anche di nefandezze e di orrori. Una visione di questo tipo la considero errata, e anche sciocca, non soltanto (come è ovvio) per il Pci e per la sua storia, ma anche (voglio dirlo con tutta franchezza) per il movimento comunista internazionale. Non furono né superficiali né di scarso spessore politico le ragioni che furono alla base della crisi e della rottura della II Internazionale, anche se la storia ha dimostrato l'erroneità di alcune delle ideeforza su cui si basò la nascita della III Internazionale. Certo, gli elementi di degenerazione, via via venuti avanti e consolidatisi nel corso di decenni, sono stati gravi, e l'autocritica politica e culturale, per non averli visti in tempo o per non avere ad essi reagito a sufficienza, è del tutto valida. Gli avvenimenti sconvolgenti del 1989 lo hanno messo in evidenza, spazzando via regimi politici retti da partiti comunisti. Né credo, d'altra parte, che il Pci, perché diverso da quasi tutti gli altri partiti comunisti, e perché non deve farsi perdonare, dal proprio popolo, nessuna tirannide, sia immune da responsabilità politiche, culturali, storiche. Ma, detto questo, resto dell'opinione che si prende un abbaglio storico, e di prospettiva storica, se ci si ferma a queste pur gravissime degenerazioni e crisi di fondo, e si perde di vista il complesso di fatti che hanno distinto questo tragico ma anche affascinante secolo nel quale ci è toccato di nascere e di vivere, e i profondi cambiamenti cui lo stesso movimento comunista internazionale, e in primo luogo l'Unione Sovietica, hanno dato impulso. I cambiamenti del mondo in cui viviamo sono diventati così sconvolgenti e profondi da esigere, anche soltanto per essere intesi, una nuova cultura politica, un nuovo modo di pensare. L'innovazione nell'azione e nel pensiero è diventata una necessità urgente, che non può essere 60 messa in discussione. Ogni resistenza a un processo di innovazione reale è quindi non soltanto una prova di gretto spirito conservatore, ma anche (e a volte soltanto) di inguaribile miopia e perfino di stupidità. Al tempo stesso, non credo si possa negare, nel quadro di una visione storicistica nel senso vero e giusto di questa parola che mi auguro non sia temerario tornare ad usare, e che non ha mai significato giustificazione a posteriori e «comprensione» acritica del passato, che a determinare questi cambiamenti del mondo e a creare la situazione nuova, e del tutto inedita, che è di fronte a noi, siano state anche le rivoluzioni russa e cinese, la vittoria sul fascismo del 1945, il movimento di liberazione dei popoli e dei paesi del terzo mondo, la rivoluzione algerina e quella cubana, la lunga guerra di liberazione del Vietnam, l'azione della sinistra, anche comunista, nell'Europa occidentale e segnatamente in un paese come l'Italia. Ecco, a tali riflessioni è ispirato questo mio lavoro, che pur parte da una descrizione di fatti più modesti quali sono le tappe più importanti del mio impegno politico e culturale di circa mezzo secolo. La nostra non è stata una generazione «eroica» come alcune di quelle che ci hanno preceduto: non siamo passati né attraverso la tragedia della sconfitta contro il fascismo in Europa negli anni '20 e '30, né attraverso la dura lotta clandestina o l'esperienza della lotta armata per la liberazione dell'Italia. Abbiamo partecipato, cercando di dare un nostro contributo, alla faticosa e paziente costruzione di un'Italia democratica e di un mondo pacifico. Non c'è niente, nella nostra vita, che possa essere raccontato come atto esemplare, o addirittura eroico. Ma non c'è niente che possa esserci rimproverato come contrario alla causa della democrazia e della libertà nel nostro paese. L'ambizione che ci anima è quella di far conoscere un itinerario politico e culturale che è comune a tanti, e di indurre a ragionare su di esso: per ricavare, dai singoli fatti e dal loro complesso, riflessioni su problemi di fondo e generali. La mia ambizione è di ragionare proprio con quelli che, dotati di culture ed esperienze nuove (e diverse dalle mie), vogliono oggi portare avanti, in termini nuovi, l'impresa democratica e socialista alla quale tanti della mia generazione hanno consacrato la loro esistenza.
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