Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 40 - maggio 1993

D!LBIANCO a.LILROSSO iiiilillii probabile che ci sia stato un effetto di trascinamento del sì alla domanda di più alto significato politico (quella per il Senato). Tuttavia una certa razionalità nel votante, od almeno una capacità di discernimento è ritrovabile nella gerarchia dei consensi espressi alle differenti domande (su differenti schede): dal 90,3% dei sì alla domanda più popolare (quella riguardate la abolizione del finanziamento pubblico ai partiti) al 70, 1 % dei sì alla abolizione del ministero dell'Agricoltura (oggettivamente la richiesta più problematica) fino al 55,3% dei sì alla domanda sulla riforma della legge sulle tossicodipendenze, quella che più implicava questioni dibattute e incerte di ordine morale. Nell'insieme dunque un ampio consenso per l'innovazione, con non drammatiche disparità territoriali, espresso all'interno di una votazione difficile che è stata affrontata con una certa maturità di giudizio e di scelta. Per l'Italia di questi giorni tutto sommato non male! L'importanza del risultato non deve tuttavia fare dimenticare la seconda questione, quella relativa all'uso improprio e inefficiente dei referendum. Il problema è noto: nei sistemi rappresentativi il ricorso al referendum dovrebbe essere attuato per eccezione, quando si presuppone che il suo utilizzo conduca a risultati più legittimati, più attendibili, più suscettibili di indicare le preferenze (anche future) degli elettori. Questo accade tipicamente nelle grandi questioni morali (ad es. aborto) o nelle domande relative a temi di stretto ordine locale (ad. es. chiusura o meno dei centri storici al traffico). L'uso della democrazia diretta andrebbe evitato invece in tutte quelle scelte nelle quali o si presuppone una conoscenza tecnica oppure si identifica un interesse generale (ma su questioni specifiche) 5 che non può essere affrontato attraverso la semplice formazione di maggioranze e minoranze. Solo nel caso della fondazione di un sistema politico (o nella chiusura di un altro) è possibile immaginare un uso proprio del referendum anche su questioni ad elevata tecnicità. Le domande in questi casi potrebbero essere non sempre del tipo monarchia-repubblica ma riguardare regole del gioco più complesse come quelle relative ai meccanismi elettorali. In questa, logica, si osserverà subito come la domanda sulla abolizione del ministero dell'agricoltura identificasse un uso improprio dei referendum, la domanda sui meccanismi elettorali al senato un uso proprio ma inefficiente (almeno nella proposizione del nuovo). Nel primo caso un uso improprio per due motivi: in primo luogo per la tecnicità sottostante al quesito. In quanti sono a saper giudicare, ad esempio, sulla opportunità o meno di mantenere il dicastero nazionale in ragione del rilievo delle trattative in sede comunitaria? In secondo luogo per il tipo di interesse in gioco: un interesse che riguarda indirettamente tutto l'insieme dei cittadini, ma direttamente solo una piccola parte di essi. È elevato perciò il rischio che l'interesse, nel gioco del principio di maggioranza che prevale nella democrazia diretta, non ritrovi forze numericamente adeguate alla sua rappresentazione. Nel secondo caso un uso proprio ma inefficiente. Si tratta di porre fine ad un sistema politico e di aprirne un altro, iniziando ad affrontare il tema delle leggi elettorali. È giustificato il ricorso alla democrazia diretta. Ma, in questo caso, il meccanismo dei referendum italiani, solo abrogativi, la condanna ad un esito inefficiente in

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