Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 40 - maggio 1993

~!LBIANCO ~ILROSSO • n•)-ièt •a ; 1 LavecchiaDc è finitadavvero.Ela tradizionecattolico-democratica? T ravolta dagli scandali, abbandonata da frotte crescenti di elettori, ma soprattutto priva di un comprensibile disegno politico, la grande Balena Bianca agonizza sulla spiaggia. Meglio non azzardare pronostici: come i gatti, quella Balena ha nove vite. Ma stavolta per lei si mette davvero male. Appaiono infatti esaurite le ragioni storiche che hanno reso utile e necessario, dopo la guerra, dare origine al partito della Democrazia cristiana. Non era la Dc, nella mente di De Gasperi, la pura e semplice riedizione dell'esperienza, gloriosa ma sfortunata, del Partito popolare di Sturzo. De Gasperi mirava più in alto: non gli bastava riportare i cattolici nel gioco politico, voleva portarli al governo. La sua Dc fu così la sintesi tra due modelli diversi, e per taluni aspetti opposti, di rapporto tra i cattolici e la politica: quello sturziano, certamente, da un lato, basato sulla distinzione Ira religione e politica e quindi sulla laicità ed aconfessionalità del partito; ma anche, dall'altro, quello concordatario, incarnato dall'Azione cattolica di Pio XI, per il quale i cattolici sono un popolo unitario, separato dal resto della nazione, un popolo i cui valori e i cui interessi sono difesi e tutelati dall'autorità ecclesiastica, che a tal fine tratta direttamente con l'autorità politica, qualunque essa sia, proprio avvalendosi del potere contrattuale che le deriva dall'unità politica e sociale dei cattolici. La sintesi, apparentemente impossidi Giorgio Tonini bile, tra Sturzo, il prete antifascista esiliato dal Duce, e Pio XI, il papa che col Duce firmò il Concordato, fu il capolavoro politico di De Gasperi: un partito, la Dc, come il Ppi, laico, aconfessionale e di ispirazione cristiana, ma sostenuto, attraverso un vincolo disciplinare severissimo, dalla forza unitaria del cattolicesimo organizzato. Con questa operazione, De Gasperi raggiunse tre obiettivi di enorme portata storica: portò tutto il mondo cattolico, dal Papa all'ultimo parroco, ad una non scontata opzione per la democrazia; costruì, nella democrazia, un baluardo inattaccabile contro lo stalinismo; fece dei cattolici italiani il perno di un sistema politico anomalo (in quanto basato sul!'aggregazione al centro, anziché sulla competizione bipolare), ma solido, che consentì all'Italia quel gigantesco balzo in avanti, sul piano economico, sociale e civile che è sotto gli occhi di tutti. Il problema è che tutto questo riguarda il passato, non più il futuro. Nel frattempo, i cattolici sono diventali minoranza, la loro scelta democratica non è più in questione, il comunismo è ridotto alla presenza più folkloristica che altro di Rifondazione e il sistema politico che la Dc di De Gasperi ha costruito, oggi è percepito dal paese più come un ostacolo che come una risorsa per il suo sviluppo. E allora, povera Dc? Allora, è finita: quel modello di partito in quel modello di sistema politico non serve più. La storia non si fa con i «se», ma se la Dc avesse saputo (o potuto) cogliere in tempo il passaggio d'epoca e avesse saputo (o potuto) superare il modello 44 degasperiano del partito-centro del sistema politico, per abbracciare il modello della tedesca Cdu, un partitopolo alternativo ad un polo concorrente, forse anche la Dc italiana, come quella tedesca, avrebbe potuto salvarsi. Ma così non è stato: la convinzione del Caf che l'abbraccio Dc-Psi avrebbe consentito un blocco di potere duraturo nel tempo ha perduto sia il Psi che la Dc, cioè entrambi i poli di una possibile evoluzione «alla tedesca» del sistema politico italiano. Oggi, dopo il referendum del 9 giugno 1991, dopo il 5 aprile 1992, dopo Tangentopoli, il cambiamento invocato dal paese è molto più profondo. E nel cambiamento, per la Dc non c'è più posto: la Dc lo sa ed è per questo che esorcizza il cambiamento confondendolo con una congiura contro di lei. Ma se non c'è più posto per la Dc, non significa che non debba esserci più posto per la presenza organizzata della tradizione di cultura politica dei cattolici democratici. Evitare che il naufragio del galeone democristiano porti definitivamente a fondo anche il tesoro di umanità, storia e cultura politica che quella tradizione rappresenta, è anzi il vero problema che oggi interroga i cattolici democratici più avvertiti. E la presenza, sulla scena politica, di cattolici democratici da tempo non più democristiani, come Leoluca Orlando e Mario Segni (quest'ultimo formalmente uscito dalla Dc solo da pochi giorni, ma politicamente lontano da quel partito almeno dal 1990) è la miglior prova della possibile fecondità di quella tradizione.

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