Era una sorta di suggerimento emblematico per sciogliere il legame unitario. Tuttavia la Chiesa invocò ancora l'unità proprio in quanto considerava «richiosa» l'operazione politica di Moro; e lo stesso Partito comunista non volle dare al fatto un significato di contestazione del partito con il quale stava trattando. Gli anni Ottanta sono stati gli anni del degrado politico e ideale della Democrazia cristiana. Né il partito, né la Gerarchia simpatizzano con il craxismo, anche se lo subiscono; e la Chiesa ne ricava il frutto non privo di veleni del nuovo Concordato. Negli anni Novanta emergono tuttavia fattori nuovi di notevolissima rilevanza. La Lega scava nell'elettorato cattolico o quanto meno democristiano del Nord; non contesta neppure, come sempre si è fatto da sinistra, l'unità politica dei cattolici, ma la erode di fatto pescando nelle fasce moderate e aprendo una ferita sulla destra. La crisi del comunismo seppellisce il contenuto «ideologico» del patto Chiesa-Dc cui si cerca di sostiuire una vaga resistenza al consumismo e alla dissipazione morale. Tangentopoli, al Nord come al Sud, mette a nudo il re. Più recentemente, il tramonto politico di Andreotti, quale che sia l'esito della indagine sulle sue corresponsabilità con personaggi di mafia, assume un significato emblematico, in quanto la sua figura riassume nell'arco del quarantennio democristiano, i modi stessi dell'accordo fra Dc e Chiesa, che sembra approdare a un esito devastante. Un'altra novità degli ultimissimi tempi è il caso Segni. Il parlamentare sardo, giocando da battitore libero, ha provocato i referendum e con il suo atteggiamento oscillante fra il «me ne vado» e «non me ne vado», ha contribuito a spingere la Democrazia cristiana alla scelta del «sì».Ma a meno di un mese dalla celebrazione dei referendum ha rotto gli indugi abbandonando Martinazzoli al suo destino. La permanenza nella Dc avrebbe indebolito fortemente il fronte del «sì» accusato da quelli del «no» di rappresentare una ciambella di salvataggio per la vecchia nomenclatura. Quali che siano le O!L BIANCO ail..ILROSSO 11•1~1#t•W;J ragioni dell'on. Segni, la novità sta in ciò: che per la prima volta l'uscita dalla Dc non avviene da sinistra né da destra, ma dal centro. Anche se per ora non è possibile dire quale futuro organizzativo, partitico e non partitico, attende i «popolari per la riforma». Il domani della Democrazia cristiana è condizionato da questi fattori. Certamente il meccanismo elettorale uninominale maggioritario che sembra oggi vincente, influenzerà tutto il panorama politico. Eppure non penso sia decisivo per quanto riguarda la persistenza, magari non più maggioritaria, di un partito democratico cristiano. Più importante a questo riguardo rimane a mio parere l'atteggiamento delle gerarchie cattoliche. Perché la Gerarchia continua aprivilegiare l'idea di un partito al quale riconoscere un appoggio univoco? I motivi credo si possano riassumere così. La Gerarchia è tuttora «concordataria» e desidera che vi sia una rap41 presentanza parlamentare che difende il Concordato. La gerarchia è contro la Lega e il leghismo: non ama il particolarismo localistico nel momento in cui difende il centralismo ecclesiale, sia dottrinale che disciplinare. La Gerarchia non ha una strategia consistente nei confronti delle società sviluppate. Difende principi sociali che non sono in armonia con l'economia prevalente e le caratteristiche ideologiche del capitalismo; condanna moralisticamente il consumismo e sollecita (e i fedeli praticano privatamente) la solidarietà, ma il pensiero cristiano non ha eleborato i cardini di una alternativa al sistema dell'Occidente. Al tempo stesso la Chiesa è arroccata nella richiesta che lo Stato difenda con la legge la sua visione morale, soprattutto in materia di famiglia, di sesso, di aborto. Allo stato delle cose, la Gerarchia non può certo sostenere l'unità politica dei cattolici come un tempo, ma non credo sia disposta ad assumere formalmente la linea della diaspora. Oltretutto ciò significherebbe indebolire definitivamente il tentativo di Martinazzoli al quale ha dato il suo sostegno. Può sembrare unilaterale e di corto respiro questo punto di vista per avanzare congetture sul futuro della Dc: e probabilmente lo è. Voglio solo dire che è un aspetto da tener presente e non cerio il minore. Va anche tenuto presente che un partito che conservi un rapporto più intenso con le istituzioni e le strutture cattoliche risulterà, credo, privilegiato, ove si adotti il sistema elettorale uninominale. Avrà comunque un retroterra che rimarrà attivo, che selezionerà gli uomini, e forse anche le idee, mentre gli altri partiti tenderanno a ridursi a comitati elettorali. Non formulo profezie sul destino ultimo della Democrazia cristiana che, oggi come oggi, sembrerebbe avviata a una tristissima uscita per via giudiziaria. Penso però che nel tempo breve, la Chiesa cercherà, purché ve ne siano le condizioni minimè, di riconoscere e di benedire un partito. E finché ci sarà questa benedizione esisterà la Dc. Quali siano le conseguenze per la Chiesa è un altro capitolo del discorso.
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