{)!L BIANCO W.ILROSSO •1•11-1§1•8;1 L1unitàpolitica èilcontrario dell'unitàsuivalorie sulleidee L' uscita di Mario Segni dalla Dc, le forti prese di posizione di Rosy Bindi, Ermanno Gorrieri e vari «autoconvocati» Dc, segnano il punto di non ritorno di un processo comunque inarrestabile per il pluralismo dei cattolici in politica. Unità assoluta, del resto, in Italia, non c'è mai stata. Quanti cattolici, praticanti domenicali, spesso anche impegnati nelle comunità ecclesiali e nelle parrocchie, fin dagli anni '50, infatti, votavano altri partiti? Quanti elettori comunisti sono stati, per anni e anni, sinceri cattolici praticanti? E quanti cattolici praticanti moderati o conservatori, che tutti noi abbiamo incontrato nelle nostre parrocchie, votavano, soprattutto negli anni '50, liberale o addirittura missino? E quanti, nei gruppi giovanili, negli scouts, hanno votato per il Pci di Berlinguer, o per il Mpl, e poi per i «verdi»? A livello di vertice, fino al 5 aprile, dall'esperienza cristiano sociale di Bruni, al Mpl, ai «cattolici nel Pci» (La Valle, Pratesi, Gozzini ecc.), a Livio Labor, sono state, oggettivamente piccole, seppur significative, schegge. Ma il 5 aprile, nel bene e nel male, il processo di liberazione dall'unità partitica (che è cosa molto diversa dall'unità politica, che, sui valori, può essere vissuta anche in formazioni diverse) diventa definitiva. Molti cattolici praticanti hanno votato (si può discutere questa scelta ed io la discuto, ma è un dato di fatto), per la Lega Nord in Lombardia, nel Veneto, in Trentino e in Piemonte, e molti cattolici non solo praticanti ma di Laura Rozza Giuntella militanti impegnati nell'Azione Cattolica, negli scouts, nella Fuci, nei focolarini, nei gruppi giovanili parrocchiali, nel volontariato, non solo hanno votato per la «Rete», ma vi hanno aderito e l'hanno sostenuta, e molti (anche nelle successive elezioni amministrative) si sono presentati nelle sue liste. Dunque il puralismo politico-partitico è un dato di fatto, oltre, che di valore. Del resto in paesi con un tasso ben più alto di pratica domenicale (penso all'Irlanda, alla Polonia, agli Stati Uniti, al Brasile), o di forte tradizione cattolica (Francia e Spagna), o non sono mai esistiti partiti d'ispirazione cattolica, o molte sono state le diverse formazioni d'ispirazione cristiana. Finalmente anche in Italia non siamo più cattolici di serie B, «guardati a vista». Non vorrei che si dimenticasse, d'altra parte, che il cattolicesimo democratico (questa espressione, come insegna mio suocero Vittorio Emanuele Giuntella che ha studiato proprio le origini del cattolicesimo democratico negli anni della Rivoluzione Francese) è di per se «rottura», discontinuità, con l'unità, con la maggioranza degli umori politici dei cattolici, avanguardia: i primi cattolici democratici si chiamarono così perché, a differenza della maggioranza guardarono con interesse alla Rivoluzione, ne accettarono i proclami sui diritti umani e sulle libertà personali, di associazione, di espressione. E nella storia successiva i cattolici democratici rimasero minoranza, nei confronti con lo Stato liberale, nella dialettica con il socialismo nascente, nel rifiuto dell'intransigenti35 smo cristiano-sociale, nel rifiuto del fascismo. Anzi, furono proprio i popolari a sperimentare con amarezza il costo dell'unità dei cattolici con il fascismo, restando piccolissima minoranza, accettando l'esilio o ritirandosi nella vita privata. E proprio l'aver rifiutato di benedire con la stragrande maggioranza dei confratelli nella fede il regime, salvò il cattolicesimo italiano e la Chiesa dalla condanna comune con il fascismo nella Resistenza e nella Repubblica. Se allora non avessero rotto l'«unità» non avrebbero, poi, potuto permettere alla Dc di svolgere il ruolo che ha svolto in questo paese. È bene che gli stessi democratici cristiani oggi non lo dimentichino. Fu Sturzo ad anticipare il Concilio e tutta la riflessione teologica sulla laicità e sul pluralismo delle opzioni politiche. Certo problemi restano, e delicati. Io credo nell'unità «politica» dei cattolici (diversamente collocati e impegnati) su valori come la pace, la non violenza, l'accoglienza alla vita, l'obiezione di coscienza, il primato della giustizia, la questione morale e l'educazione alla legalità, la scelta preferenziale dei poveri, la tolleranza e la naturale vocazione al dialogo, il primato della persona sulle gabbie ideologiche, la difesa dell'etica della responsabilità. Il problema è dunque come armonizzare questa unità con le diverse traduzioni «tecniche», con le scelte di traduzione politica, con la diversità di programmi per ottenere gli stessi obiettivi. Il problema è come armonizzare scelte comuni di valore, scelte comuni possibili, e inevitabili scelte concrete diverse. E, più ancora,
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