mi il cui commercio clandestino e non resta florido, si sia spuntando contro la ferocia di uomini verso altri uomini. E mentre bambini e vecchi muoiono di fame, c'è stato chi ha continuato a «rubare» sugli aiuti della cooperazione internazionale. Che cosa resta da sperimentare, se non la solidarietà autentica che animi le vie asettiche e burocratiche della diplomazia internazionale: quella difficile solidarietà che non è dare, ma spendersi? Dove sta andando la Dc? Alle sue radici, per ritrovare la forza della tolleranza che cerio non è quel laisserfaire quell'inlerdersi «Ira», che molte volte è stata. La Dc sta andando alla sua Costituente. Credo che questa debba significare almeno due scelte precise. La prima, creare le condizioni per la elaborazione di una proposta di politica economico-sociale nel medio e nel lungo periodo, con una indicazione, per il breve, sul risanamento del debito pubblico che si avvicini al massimo possibile di giustizia nella distribuzione dei pesi da sopportare. E troppo grande ancora l'area degli evasori fiscali! Ed è urgente un nuovo piano economico, articolato e flessibile. In questo nostro tempo il capitalismo si è organizzato su basi e per vie che minano l'ipotesi di uno sviluppo equilibrato del mondo e ignorano l'intreccio necessario Ira sviluppo sociale e sviluppo economico. La forza del nuovo capitalismo e il grado di conflittualità interna ad esso sono tali da rischiare di distruggere persino l'idea «dell'impresa», le regole dell'intrapresa, il senso delle relazioni industriali. È probabile che oggi più di ieri (dopo la sconfitta del socialismo reale) ci sia bisogno di un urna- {)!L BIANCO a-L, IL ROSSO 1111 ®18; 1 nesimo dello sviluppo, e persino del mercato, del quale i cattolici - se autentici - dovrebbero essere ancora portatori. La seconda, trovare le nuove regole di selezione della classe dirigente: la accertala onestà, la competenza, il senso della gratuità e quindi del servizio, la capacità di studiare, aggiornarsi, la tendenza a confrontarsi, ad ascoltare. Senza arroganza, senza rampantismo, senza il culto dell'immagine. Buona regola, fissare termini fermi di durata dei «ma.ndati»a tutti i livelli nel partito e nelle istituzioni. Il senso della nostra provvisorietà ci aiuterà a essere liberi e costruttivi. Buona regola, aprire all'associazionismo, al volontariato, etc. ma riconoscendo anche chi ha saputo conservarsi militante autentico; innesti del nuovo sulle radici come usa dire Rosy Bindi con la sua aria pulita, la normalità del suo coraggio, il retroterra dei suoi buoni studi. Altre cose? Un partilo snello: io ci sto (anche per la mia tipologia fisica!) 32 se questo vuol dire articolarsi nel territorio e per problemi ben definiti, tagliando di netto con le sovrastrutture correntizie che hanno schiacciato, con il peso delle loro esigenze e del loro presenzialismo, i democristiani piu autentici, quelli iscritti per conto loro al partito, quelli che hanno sempre faticato fuori dei cerchi che si formavano più intorno a un uomo o a pochi uomini che intorno a idee riflettute, a proposte concrete a confronti autentici. Altre cose? Un partito con la sua tessera. Credo che nella dialettica democratica sia giusto scegliere da che parte stare, senza peraltro spartirsi dagli altri: non una tessera che mi divide, ma una tessera per farmi riconoscere per quel che sono, senza alcuna arroganza, con la voglia anzi di farmi conoscere alla svelta e di conoscere le idee degli altri. Altre cose? Un partito che abbia il buon senso di capire un valore che sta dentro la storia dell'umanità e che consiste nei due modi diversi di «vedere» il mondo: uno al maschile, l'altro al femminile. Un partito che non rinuncia a concretizzare al suo interno la pari dignità della donna e dell'uomo. E non per via di presenze simboliche o supplementari. Altre cose? Il nome: conservarlo o cambiarlo? Personalmente non trovo la ragione di cambiarlo, soprattutto ora. Abbiamo anche sbagliato. Certamente. Ma sbagliato appunto rispetto a principi sani e fondamentali, connaturati all'uomo moderno: il principio della democrazia e l'idea dell'uomo e dell'umanità carichi di una duplice responsabilità, l'una tutta terrena, l'altra proiettata nel trascendente. L'uomo che non finisce. Gli uomini (il popolo) che non finiscono qui. Perché cambiare il nome?
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