{)!LBIANCO ~ILROSSO liiiiillt;i - Lei. professore. ha conosciuto parecchi Papi. durante la sua vita. Come li ha visti? «Non ho conosciuto direttamente e personalmente i Papi. Quando ero giovane avevo una grande ammirazione per Pio XI. Mi pareva un grande personaggio. Poi, quando ero a Roma, era la fine del pontificato di Pio XII, al tempo della condanna dei preti operai... Quel Papa non lo ho amato. Poi è venuto il grande momento di Giovanni XXIII, che ha avuto un grande fascino, e profondo. Poi ho avuto una grande ammirazione, una grande stima per Paolo VI, che ha non solo capito, ma anche vissuto i problemi della società attuale. Hanno detto che era Amleto sul trono di San Pietro ... Era una esagerazione, naturalmente, ma è stato un Papa molto ispirato ... Il Papa di oggi? ... Mia moglie è polacca. È un po' difficile giudicare, per me e anche per lei. Ha dei lati che sono certo molto positivi, ma anche dei fantasmi che sono proprio di altri tempi, e fanno problema ... » - È famoso, professore, il suo umorismo. C'è un segreto, per lei. di coniugare lo studio storico e la possibilità di sorridere? «Forse la voglia di vivere. Per me come storico sono interessanti gli uomini, e le donne, nel corpo come nello spirito. La storia è fatta di uomini e donne che sono un complesso di corpo, spirito e cuore. Io questo voglio anche viverlo. Certo: è difficile, con la società nella quale viviamo. Noi in Europa speriamo di fare meglio, e di arrivare ad una unità migliore. Ma mi rendo conto, ci rendiamo conto che siamo dei privilegiati. Vengo dall'India. Non sono andato in Somalia, e neppure in Bosnia. È difficile, vivere nella gioia, quando ci sono delle realtà così ... » - «Io non credo che esistano lezioni della storia»: è una sua affermazione di fondo. Ma allora, a che serve, la storiografia? «Serve a meglio capire. Serve a vedere meglio, e più chiaramente i problemi, tenendo conto del peso del passato, ma senza determinismi. Il vero storico crede che ci sono delle continuità, nella storia, ma senza meccanismi, perché essa appartiene all'uomo, all'uomo singolo e all'uomo collettivo, all'uomo in società. Noi speriamo anche che ci sarà, un uomo europeo, e che la storia apparterrà anche a lui, che dovrà aiutare la storia, a fare dei progressi ... » - Jacques Le Goffe Umberto Eco... Amicizia, colleganza, complicità, o solo qualcosa di occasionale? «No. Qualcosa di profondo. Per me è stata una gioia e una sorpresa. Quando è uscita in tra.duzione italiana, quasi 30 anni fà, la mia «Civiltà dell'OccidenteMedievale», Umberto Eco scrisse su «L'Espresso» un articolo che mi fece molto piacere, non solo perché era di elogio, ma perché aveva capito davvero quello che io volevo dire. Poi ci siamo incontrati di persona, ed è nata una vera amicizia, in cui da parte mia c'è anche ammirazione per lui. È un uomo molto semplice ... » - Lei ha anche diretto J.macollana di cucina. Perché? «Non solo perché mi piace mangiare, ma perché è una cosa importantissima, nella storia. E così nella collana Laterza, che stiamo pubblicando, c'è un libro notevole, di Massimo Montanari, sulla fame e l'abbondanza. Una storia del- ]'alimentazione ancorata sui fattori sociali, ambientali, culturali ... Come possiamo essere uomini senza mangiare?» - Lei riesce a volgarizzare la storia senza mai banalizzarla. C'è un segreto, per questo? «Nessun segreto. Prima di tutto volersi far capire senza avvilire il contenuto dei fatti che si narrano. Lo storico deve essere convinto che il suo dovere è quello di comunicare con il più grande numero di persone possibile, e quindi c'è la necessità di utilizzare un linguaggio chiaro. E penso che per lo storico sia piuttosto facile, molto più che per un biologo, o per un matematico. Uno storico che non è chiaro nella sua scrittura non è un buono storico». • Pubblìchiamo questa intervista per gentile concessione della rivista «Enos», diretta da Vittorio Nisticò. 19
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