{)!LBIANCO OIL, ILROSSO Niiiilit;i masse, della società. Oggi sfortunatamente l'unità politica europea non è ancora veramente forte, mancano ancora all'appello paesi importanti, e i problemi di tanti dei paesi sono ancora in evoluzione, eppure mi sembra che, messo da parte il problema, molto grosso, dei nazionalismi, e soprattutto delle cose che accadono nella ex Jugoslavia e che prossimamente forse accadranno nella ex Urss, la cultura comune europea si è davvero diffusa. Tra la scuola, l'influsso dei media, le comunicazioni più facili e più frequenti, l'eredità successiva che ha costituito una cultura europea mi pare ben ancorata nella sensibilità della gente. Dalla cultura greco romana dell'antichità, alla cultura dell'illuminismo, passando naturalmente per il patrimonio culturale del Cristianesimo si è creata una base per tutti. L'eredità culturale cristiana, per dire della più diffusa, è fondamentale per tutti. Anche oggi, quando ci sono molti europei, che non sono cristiani coscienti, ma siamo tutti impregnati della cultura del Cristianesimo: è una strada essenziale. Poi c'è stato l'Umanesimo, l'Illuminismo, i movimenti scientifici anche laici dell'800 e 900. Mi pare che l'eredità culturale comune dell'Europa sia forse la sua principale forza». - Una volta un giovane non poteva chiamarsi colto se non aveva visitato le grandi capitali europee. Oggi è lo stesso, o i mezzi di conoscenza e di diffusione della cultura consentono di scavalcare la cultura acquisita attraverso il viaggio in prima persona? «È lo stesso, e ancora meglio oggi. Certo, occorre premettere che queste folle di giovani che vediamo su tutte le piazze d'Europa, di Roma, di Londra, di Berlino, di Parigi, e altro, non sono così colti come le élites del passato, ma essi nella loro grande maggioranza hanno il senso dell'importanza del viaggio culturale: vogliono vedere e anche capire questa Europa. L'Europa è affascinante, e non solo affascinante, per loro. E non solo affascinante. Non è solo un fatto di sentimento. Mi sembra che in loro ci sia sul serio una grande voiontà di capire. Èuna grande promessa». - Lei appare l'erede, oggi. della grande scuola delle «Annales» di Mare Bloch, di Lucien Févre, di Fernand Braudel. Cosa resta, oggi. dopo qualche decennio della moderna storiografia, della grande lezione di quella scuola? 17 «Molto, mi sembra. E prima di tutto non c'è un altro movimento più nuovo, che abbia preso il posto delle Annales. Mi pare che sia ancora una scuola viva, che riesce a rinnovarsi continuamente, con la volontà di fare una storia che guardi nelle profondità dei fenomeni umani, e nella loro lunga durata. Questo punto di vista storiografico mi pare essenziale, oggi, per il movimento europeo, perché l'Europa è una cosa antica e sempre nuova, e poi c'è la realtà di un dialogo continuo con le altre scienze umane. È la volontà di una storia «totale», che tenga conto di molti aspetti, e la volontà di una storia «problema», una storia che fa delle domande al passato e al presente, e che vuole capire il presente partendo dal passato, e viceversa ... » - Una sua formula molto efficace, e nota, è che per fare la storia non bastano i documenti. ma ci vuole anche l'immaginazione. Che vuol dire? «I documenti sono inerti, non dicono niente, se lo storico non fa delle domande, se non fa delle ipotesi. È questa la storia problema. La storia che è stata chiamata positivistica è una storia passiva, che lasciava i documenti inerti. Noi vogliamo far vivere prima i documenti, e dopo, attraverso i documenti, la gente, la gente del passato, che non è morta, e che vive, ma non solo attraverso i documenti, ma attraverso tutta la realtà, le città, le generazioni. .. Portiamo in noi una parte del passato che è sempre viva. È questa la storia che vogliamo avvicinare ... » - Professore, secondo Lei, c'è un contributo della storiografia italiana recente al grande movimento degli studi storici di oggi? «Naturalmente. E non glielo dico perché siamo in Italia, o perché ho vissuto parecchio in Italia, o perché l'Italia è affascinante, per me, o perché ho molti amici storici italiani, ma veramente la storiografia italiana attuale è una risorsa della storiografia europea, e diciamo, mondiale. E il dialogo tra gli storici italiani e quelli francesi è forse il dialogo più stretto, tra i tanti ... » - Ci avviamo alla fine del secolo, alla fine del Millennio. Si parla del fenomeno di massa della paura della fine del primo Millennio. la «sindrome dell'anno Mille». Contemporaneamente c'è chi. come Fukuyama, annuncia la fine della storia, una specie di Apocalisse attuale. Lei vede qualche analogia tra l'oggi e i fenomeni di mille anni fà?
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