Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 40 - maggio 1993

{)!LBIANCO ~ILROSSO iiikNliiki è avvenuto, se ci si mette dal punto di vista del partito laburista, le scelte appaiono ispirate a una visione strategica di governo che ha al centro gli interessi del paese. D'Antoni appare come un leader politico deciso e coerente, più che come sindacalista, paragonabile in questo non ai vecchi segretari di partito invischiati nel passato ma a figure nuove tipo Segni. Ma il sindacato, sotto, è rimasto quello di prima; e il sindacato, sul medio periodo, è un fatto sociale. La contraddittorietà massima è presente, ancora una volta, nella Cgil, dove l'incapacità di evoluzione e l'abbraccio tra le varie culture del passato rischia di avere progressivamente effetti dirompenti e autodistruttivi non solo per la Cgil, ma per l'intero sindacalismo confederale. Il comportamento schizofrenico seguito all'accordo del 31 luglio 1992, oppure l'oscillazione continua tra assunzioni di responsabilità e rifugio nella ribellione sono di per sé preoccupanti; ma la spinta auto (ed etero) distruttiva raggiunge il culmine con l'adesione al referendum sull'art. 19 dello statuto: l'incapacità di cambiare conduce a un «cupio dissolvi» di massa. La Cisl è sicuramente in condizioni migliori; più serena al proprio interno, abbastanza duttile da adattarsi con rapidità e senza contestazioni ai comportamenti anche opposti dei segretari generali che si succedono, di trattare le condizioni 15 belle ma anche quelle brutte con gli interlocutori più diversi. Ma è sufficiente? Se si combinano alcuni elementi sopra richiamati, non sarà sufficiente. La Cisl e la Uil, da sole e con le loro caratteristiche attuali, non possono essere la risposta né alle spinte autodistruttive (se sparisce l'art. 19 e i privilegi ad esso associati, ciò avviene per tutti) né alle sfide di una realtà in trasformazione. Solo un sindacato unitario, rappresentativo e innovativo può reggere le sfide del futuro da protagonista. Come per i partiti, le identità del passato pesano: chi è dentro tende disperatamente a difendere l'identità come un patrimonio anche quando la realtà procede tumultuosamente e richiederebbe soluzioni nuove. E come è difficile pensare ad aggregazioni politiche nuove come risultato di accordi tra le vecchie identità, così è difficile pensare a forme di rinnovamento sindacale basate sull'unità tra questa Cgil, questa Cisl e questa Uil. Non meno improbabile una crisi verticale della Cgil con travaso generalizzato nella «grande Cisl», o cose del genere. Anche per il sindacalismo confederale si delinea così una problematica «costituente», vale a dire se e come sia possibile costruire un sindacalismo nuovo, che superi il passato fondendo gli elementi validi in identità che non abbiano le loro radici nella guerra fredda.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==