Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 40 - maggio 1993

{)!LBIANCO '-", ILROSSO kiikiiliti che si fanno non all'inizio della trattativa, ma semmai alla fine. Ciò è comprensibile, in un regime di relazioni sindacali contrassegnato dalla scala mobile. Ora però manca la funzione di tutela di quest'ultima, che ai fini della salvaguardia del salario reale dovrebbe essere sostituita da una politica dei redditi capace di indicare la tendenza cui i contratti dovrebbero attenersi. Ma, se non si intende mettere in atto un regime amministrativo di controllo delle autonomie contrattuali di categoria, e si vuole evitare che si acutizzi la spaccatura tra settori contrattualmente forti e settori deboli, la questione della durata dei contratti e della distribuzione tempqrale degli aumenti non può essere sottoposta a singole opzioni categoriali. Deve, invece, rappresentare un vincolo che dà il ritmo al complessivo andamento della contrattazione, la cui regolarità sarà tanto più certa quanto più precisa è la regolamentazione dello svolgimento delle trattative. D'altra parte, la necessità di far corrispondere gli aumenti salariali alla inflazione media effettiva (contando sul fatto che gli interventi di politica dei redditi facciano coincidere l'inflazione reale con quella programmata) spinge ad una sorta di scissione tra tempi di attuazione delle modifiche normative e tempi della crescita salariale. Quanto più questi ultimi sono ridotti, tanto più forte e più immediato è il controllo della corrispondenza tra salario contrattato e inflazione media effettiva. Se così non fosse, al di là della volontà delle parti, i rinnovi dei contratti sarebbero ad alto contenuto conflittuale. Con tempi lunghi (3-4 anni) i comportamenti delle parti si farebbero più difensivi e le previsioni più incerte: quelle padronali tendenti al ribasso e quelle sindacali tendenti al rialzo. È evidente che una riforma del sistema contrattuale di questo genere rompe con la tradizione, e in primo luogo mette in mora la tesi che, in fondo, i contratti si fanno unicamente in ragione dei rapporti di forza. Non voglio affermare che questi ultimi non conteranno più, ma certo se - 11 anche nelle convenzioni - rimanessero centrali e determinanti, non avrebbe senso parlare di un sistema partecipativo nelle relazioni sindacali. In secondo luogo, la riforma del sistema contrattuale dà effettivamente forza e credibilità alla politica dei redditi. Chi ha firmato la pre-intesa pur non essendone convinto, l'ha fatto pensando (e dicendo) che in fondo ciò che conta è la contrattazione. E se la contrattazione si farà in modo tradizionale, sarà questa che varrà realmente, non la sede concertativa di politica dei redditi. In terzo luogo, essa chiama le singole categorie ad una maggiore trasparenza negoziale, e quindi ad un maggiore e reciproco confronto e controllo. Ciò vale per i comportamenti di entrambe le parti sociali, ma per quanto riguarda il sindacato ciò si traduce in una maggiore confederalità delle singole categorie; nel senso che la loro autonomia contrattuale deve essere rapportata sempre di più alle indicazioni di politica dei redditi e dev'essere sottoposta ad un più elevato tasso di confrontabilità intracategoriale. Sotto il profilo dei rapporti tra settore pubblico e settore privato, tra settori esposti alla competitività internazionale e settori non esposti, tra settori forti e settori deboli il nuovo schema di contrattazione tende ad accrescere le solidarietà. La tradizione va dunque superata, nell'interesse del sindacalismo confederale e della tutela dei lavoratori. La ripresa delle trattative con il nuovo Governo deve consentire di farlo. L'operazione è politicamente rilevante perché non si tratta di mettere in campo abilità mediatorie o contrattuali, quanto di far prevalere le forze dell'innovazione. E se queste ce la faranno, potranno dare una mano a quanti vogliono cambiare le regole della democrazia rappresentativa nel nostro Paese. In fondo, democrazia economica e democrazia politica difficilmente hanno viaggiato su binari divergenti. Ed in questa fase il parallelismo è più evidente che mai. Proprio per questo, è necessario che questa trattativa riparta da dove l'ha lasciata il governo Amato, e divenga rapidamente l'altra faccia delle riforme istituzionali.

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