gico delle potenzialità economiche spesso sotto-utilizzate, in una prospettiva territoriale a sud non a nord, crea un quadro simmetrico, crea appunto possibilità di co-sviluppo e di cooperazione. Nel Rapporto viene anche indicato dove settore per settore è possibile pensare questa simmetria in forma nuova. Un problema che tutti conosciamo, che è quello delle migrazioni e del mercato del lavoro. Abbiamo fatto, anche in questo campo, una ricognizione dell'esistente. Il contributo più recente, è stato quella della Fondazione Brodolini, che risponde alle domande che spesso anche in questa sede ci sono state rivolte: chi sono gli emigranti? Da dove vengono? Perché vengono? La loro età? Le loro motivazioni? Dovevanno a finire? C'è un punto fondamentale sul quale a noi interessa intervenire: in che modo quindi il problema delle migrazioni si lega a quello dello sviluppo. Cioè lo sviluppo è rilevante per bloccare l'emigrazione oppure no? Abbiamo due scenari, dice il Prof. Michele Bruni, quello di un lungo periodo, in cui possiamo fare tutte le analisi più sofisticate sui punti di partenza, punii di arrivo, fattori democrafici, mercato del lavoro e così via; quello di breve periodo, che ci dice quante persone sono nate oggi quante di queste entro vent'anni entreranno nella scolarità, quante entreranno nella disoccupazione, quante entreranno nell'emigrazione. È rispetto a questi nati di oggi che noi dobbiamo avviare politiche di sviluppo. Noi non conosciamo altra risposta. Il fallimento delle politiche di sviluppo, un fallimento di cui noi siamo i principali responsabili, è la causa prima che per i prossimi vent'anni farà crescere il fenomeno delle emigrazioni in quelle forme selvagge che noi conosciamo sulle coste spagnole del Marocco e della Tunisia. C'è stato chiesto: riflettete sulla proposta dell' 1 % del Pi! da destinare ai paesi in via di sviluppo, diteci in che modo può finanziare lo sviluppo, attraverso quali canali, attraverso quali forme. DlLBIANCO ~ILROSSO •I 8MB11MM••~P*•11♦1 Noi siamo ricercatori e non lasciandoci abbindolare dalla proposta politica che ha sicuramente una sua legittimità, ci siamo rivolti al più grande economista vivente in materia di previsioni economiche, il professor Timberger, padre della pianificazione olandese, un anziano signore ancora molto attento vivace e gli abbiamo posto esplicitamente questa domanda: quale pensa sia il tipo di impegno finanziario e di istituzioni che serve per sviluppare il Mediterraneo e il Terzo Mondo in genere? Timberger, in un convegno fatto a Palermo sulla pianificazione mondiale ci ha detto da bravo econometrico: se per i prossimi venti anni, noi prevediamo per i paesi occidentali un tasso di sviluppo medio come quello di oggi, e per i paesi del Mediterraneo del sud e il terzo mondo in genere, i tassi di sviluppo più alti mai realizzati nei paesi occidentali, per riavvicinarci ci vogliono 150anni! Quindi, stiamo perdendo tempo. Cioè se noi non ripensiamo a livello mondiale, a livello nord-sud il sistema di co-sviluppo e di cooperazione, andiamo incontro ad un conflitto che è inevitabile. Perciò, ritengo che, continuare a parlare del!']%, cioè di una proposta politica utile perché sposterebbe qualcosa nella indifferenza totale e soprattutto manderebbe qualche assegno invece di qualche missile nei paesi arabi, non ha più senso sotto il profilo economico. Quindi che fare? Siamo passati poi ad esaminare gli strumenti. Indubbiamente è richiesto un grande impegno finanziario nello sviluppo del Mediterraneo e del sud. Come ottenerlo? Ebbene, ci sono una serie di proposte e di strumenti. Abbiamo visto gli studi che il dottor Bonanno di Linguaglosse e l'Icep hanno fatto su varie forme di istituzioni finanziarie. Siamo andati a Londra a studiare la Banca Europea per lo Sviluppo che opera soprattutto nei paesi dell'est e che cosa abbiamo ricavato? Esistono anche qui gli strumenti, cioè la Banca Europea dello Sviluppo funziona benissimo però secondo le logiche tedesche, secondo le logiche del mercato eurocentrico. Basterebbe cambiare quelle 75 logiche, ma non siamo capaci di individuare i nuovi soggetti sociali e politici in grado di impegnare un trasferimento finanziario di grandi risorse e poi convogliar lo verso istituzioni finanziarie. Quindi, di come e chi deve fare questa politica di sviluppo. Non sono i governi che in questa fase non intervengono sul Mediterraneo. Ma esiste una gloriosa tradizione delle organizzazioni non governative di parti sociali impegnate nel Mediterraneo, spesso alimentate attraverso canali sindacali e attraverso canali di impegno sociale e religioso. I soggetti sono i sindacati, le organizzazioni imprenditoriali, se riscoprono il Mediterrano e smettono il pangermanesimo. Quindi spella a queste forze sociali che sono le forze rappresentate nel Cnel di chiamare un Forum del Mediterraneo. È inutile aspettare il Ministro degli Esteri, è inutile aspettare che la Francia e l'Italia che fanno ognuna i loro giochi nel Magreb e nel Mediterraneo si muovano. Spelta alle parti sociali, secondo noi al Cnel italiano, francese, tunisino e là dove ne esistano altri, di chiamare un Forum delle parti sociali per discutere lo sviluppo del Mediterrano. Spetta a questo Forum indicare gli obiettivi. Una volta indicali gli obiettivi decidono le parti sociali quali gruppi di ricerca e quali università, mediterranee possibilmente, elaborano i progetti di sviluppo per settore, per città, per campagna. Fatto questo, poi siano di nuovo le parti sociali ed istituire un istituto, una banca che gestisca in modo tecnico concreto le nuove politiche di sviluppo in base ai mezzi finanziari e agli obiettivi indicati. Abbiamo detto chiaramente al Cnel, lo diciamo anche alla Comunità Europea, al dottor Hinger, noi non abbiamo trovato, altri soggetti sociali diversi dalle organizzazioni non governative dei sindacati e dalle organizzazioni imprenditoriali, che sia nei paesi arabi che in quelli occidentali costituiscono ancora forze relativamente indipendenti, in grado e capaci di imporre uno sblocco alle politiche di sviluppo.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==