{).IJ. BIANCO ~ILROSSO •IR•IWihl 181Cf1S11 fl Mediterraneoi :datinuovi e le opportunitpàerl'Europa ue anni fa, quando fummo D incaricati di svolgere un ciclo di ricerche e di riflessioni sul Mediterraneo, ci trovammo ad affrontare subito tre problemi: il primo era quello di tentare di uscire dal polverone suscitato dal crollo dei sistemi ad Ovest ed ad Est, cioè dei sistemi del welfare e dei sistemi socialisti;un polverone del quale rigerminavano idee sbagliate che sembravano essere state un po' accantonate, per venti, trent'anni, dal dibattito culturale e dal dibattito scientifico. Basterebbe ricordare l'eurocentrismo, che ha avuto vita un po' nascosta, discreta, vergognosa per molti anni e che invece dopo 1'89è riemerso quasi con virulenza ed arroganza. Un'arroganza, tra l'altro, poco comprensibile tenendo conto che sia la crisi del welfare dei paesi occidentali e la guerra del Golfo, appena iniziata, toglievano senso al messaggio eurocentrista. Il secondo problema che abbiamo dovuto affrontare, è stato quello di uscire, da quella che gli economisti chiamano «la fallacia delle generalità» o comunque «le inutili generalizzazioni». Un bellissimo studio del professore economista americano Bent Hansen sull'Egitto e la Turchia, considera appunto che non è affatto vero, che il mercato abbia sempre garantito la crescita ed abbia sempre migliorato la eguaglianza. Neanche è vero, che le politiche di sostituzione delle importazioni abbiano alimentato sempre la bassa crescita e comunque abbiano anche migliorato la distribuzione. Il quadro, diceva giustamente, è più complesso e lo dimostra appunto in questo studio della Banca Mondiale, esaminando di Bruno Amoroso i problemi dell'Egitto e della Turchia e mettendo in evidenza le false generalizzazioni. Il terzo compito che dovevamo affrontare, dopo essere usciti da questo polverone e dopo esserci sottratti a queste idee sbagliate, era quello di riscoprire le mura vere, portanti, e le fondamenta della casa europea. Per anni, siamo stati abituati a concepire l'Europa, come un «progress», un arricchimento costante, mentre il policentrismo europeo si è andato sempre più concentrando in un pezzo di questa Europa, un pezzo rappresentato appunto dai paesi di vecchia industrializzazione con qualche aggiunta, come la Spagna e l'Italia. Noi dovevamo riscoprire il disegno europeo, quello vero, quello che ha fondamenti storici, economici e politici e in questo, ci ha aiutato la Comunità Europea che ha introdotto il concetto della «ampia Europa», cioè la Wide Continental Europe. Nel percorso di rilettura storica ci è stato molto utile il contributo francese di Fernand Braudel. Non è solo la storia passata, ma anche il futuro che ci spingono a vedere il Mediterraneo e quindi l'Europa, in un disegno diverso. Le nuove tecnologie rendono obsoleta ogni politica e ogni tentativo di presenza culturale ed economica che si limita agli Stati nazionali o alle vecchie regioni. Il secondo Rapporto sul Mediterraneo è un tentativo di approfondimento di alcuni dei temi aperti col 1 ° Rapporto e contiene anche indicazioni che noi, come ricercatori, riteniamo di dover dare e dedurre, dopo aver consultato forze politiche, ricercatori e persone svariate. Quali sono i punti nuovi, e originali e 73 quale è stato il processo che c'è dietro risultati di questa ricerca? Anzittutto noi abbiamo messo al centro, richiamandoci ad esperienze ed al dibattito del Comitato Economico e Sociale della Cee e dello stesso Cnel, il problema della cooperazione co-sviluppo, che è concetto diverso dalla cooperazione. La cooperazione può essere la cooperazione tra un forte e un debole il servo e il padrone, in cui ognuno resta sempre padrone e l'altro sempre servo. Il co-sviluppo supera la cooperazione poiché prevede l'evoluzione di entrambe le parti, il cambiamento delle posizioni relative nel processo di revisione dei compiti, di revisione del lavoro ed anche di collocazione culturale. Quindi il co-sviluppo come strategia di una nuova dinamica economica, in cui la cooperazione non basta più perché può essere una forma di congelamento dei rapporti esistenti. Qualunque discorso sullo sviluppo e sui modelli di sviluppo si incrocia con le altre problematiche, quella della cultura e della religione. Il modo di essere dei paesi dell'Europa centrale è diverso dal modo di essere dei paesi mediterranei, è diverso dal modo di essere e dalle aspirazioni sociali del Baltico, è diverso, naturalmente, da quello di altri paesi del mondo. Richiamo tre punti legati alla problematica culturale: il primo è quello del dialogo. Da quarant'anni diciamo di dialogare con gli arabi, poi però ognuno resta nella sue posizioni. Se il dialogo non si trasforma in un tentativo di sinergia, in un tentativo di modificare se stessi durante il dialogo seguiteremo a dialogare per il resto della vita e per il resto della storia. Il secondo è quello della modernità, con una fortunata coincidenza, perché
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