Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 38 - marzo 1993

{)!,L BIANCO ~ILROSSO iiiiiil•P Psi:qualefuturo, secen'èancorauno? di Gian Primo Cella a domanda se la stanno ponendo in molti, do- L po le vicende dei crolli elettorali e della questione devastante della corruzione politica, dopo il tentativo di svolta o comunque di chiusura di una fase realizzatosi all'ultima assemblea nazionale del partito: c'è un futuro per il Psi nella società e nel sistema politico italiano? Azzardare una risposta è impegnativo, meglio perciò limitarsi al campo del possibile, non del probabile. A tal fine gli elementi di interpretazione della realtà e delle dinamiche politiche sono numerosi, meglio perciò esplicitare subito una tesi e cercare di argomentarla. È quello che qui cercherò di fare. Il futuro politico presenterà spazi per il socialismo democratico all'interno di una più generale sinistra democratica (e su questo mi sono già soffermato sul n. 34 di questa rivista), ma non necessariamente per il Psi, o per una qualche formazione che da esso derivi direttamente. La seconda parte della tesi, ne modera la categoricità, e può così articolarsi: a meno che il Psi compia un radicale e generalizzato ricambio della sua élite dirigente e soprattutto un cambiamento del suo radicamento nella società, e sappia ritrovare delle modalità di presenza come forza politica nazionale. Vedrò di chiarire la seconda parte della tesi. Sul ricambio della élite dirigente c'è poco da aggiungere. È l'unica cosa che si può auspicare da un partito che esce da sconfitte elettorali e da una situazione di clamorosa commistione fra politica e affari (più o meno privati) dopo un periodo di quasi un quindicennio di unanimismo interno. In circostanze come questa forse non sarebbe stato sufficiente per garantire il ricambio neanche il ribaltamento delle posizioni fra la maggioranza ed una minoranza, invero di costi7 tuzione piuttosto recente ed eterogenea. Non è stato sufficiente certo il ricambio alla segreteria nelle modalità con cui è avvenuto. Su questo tema solo il prossimo Congresso del partito potrà avere ormai una qualche chance in più nel favorire il ricambio. Ma non ci si faccia illusioni. I congressi dei partiti italiani hanno più facilmente il compito di legittimare un cambiamento già avvenuto, che di provocarlo. Sul cambiamento del radicamento nella società tocchiamo un aspetto fondativo del Psi, ben noto a tutti coloro che l'hanno analizzato in profondità. Il radicamento sociale più forte·del partito, e del suo quadro attivista-militante è andato a collocarsi nella piccola borghesia. Entro questo radicamento, nelle «favorevoli» condizioni del consociativismo e del potere di coalizione, ha potuto potenziarsi e farsi strada una presenza di affaristi della politica, che hanno ritenuto possibile utilizzare i canali del sistema politico-amministrativo per realizzare processi individuali di mobilità sociale. Di qua alla corruzione politica i passaggi sono stati spesso molto rapidi. Cosa significa un nuovo radicamento? Significa cambiare i meccanismi di adesione e la rete di rapporti fra partito e società. Significa ridurre i ruoli (ed i costi) della intermediazione politica attribuiti agli apparati di partito o ai politici di professione. Ma un partito socialista democratico, se questa connotazione evoca ancora qualcosa, deve possedere un radicamento che non può essere esclusivamente di tipo individualista. Di qua la ricerca di una radicamento di tipo collettivo, nei sindacati e nelle associazioni professionali, nelle autonomie locali, nelle associazioni del volontariato. Con l'obiettivo di realizzare un partito come luogo di sintesi più che come struttura di intermediazione.

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