Svizzera (che mostra un declino dell'occupazione ed un aumento dei tassi di disoccupazione a livelli mai sperimentati in precedenza), meritano di essere sottolineati i casi della Spagna, del Regno Unito, della Francia, oltre quello dell'Italia. Uno degli aspetti più nuovi della problematica occupazionale europea, che si aggiunge alla novità del caso tedesco, è l'inversione della dinamica della problematica occupazionale spagnola rispetto a ciò che si era sperimentato fino al 1990. L'occupazione in Spagna ha smesso di crescere a tassi elevati: anzi, nel 1992 appare diminuita sensibilmente, con prospettive di ulteriore marcata riduzione nel 1993. In quest'anno, il tasso di disoccupazione dovrebbe superare il 19% (un massimo analogo a quello riscontrabile in Irlanda): il numero di disoccupati in Spagna (2.441.000 nel 1990) è previsto in quasi 3 milioni nel 1993, con un aumento di ben 200.000 unità rispetto al 1992. Un aumento di disoccupati solo di poco inferiore è atteso nel Regno Unito. In questo paese, i disoccupati previsti dovrebbero superare nel 1993 i 3 milioni (con un tasso di disoccupazione che tornerebbe a raggiungere quello francese e non molto lontano da quello previsto per l'Italia), con un aumento di + 190.000 unità rispetto al 1992 ed impressionante rispetto al 1990, in cui erano stati rilevati 1.687.000 disoccupati. Il marcato peggioramento della problematica occupazionale britannica colpisce particolarmente, sia perché è accompagnato da una riduzione di occupazione che è addirittura superiore a quella riguardante l'esperienza tedesca, sia perché l'aumento della disoc- {)!.LBIANCO ~ILROSSO •IHl@Ml1ldcf1~•11♦1 cupazione è anche associato ad una riduzione non trascurabile del!'offerta di lavoro «esplicita». Anche in Francia, la problematica occupazionale figura in rimarchevole peggioramento. Nel 1990, in questo paese erano stati rilevati 2.203.000 disoccupati (tasso di disoccupazione 9%) le previsioni per il 1993 indicherebbero una disoccupazione di quasi 2.700.000 unità, con tasso di disoccupazione prossimo al1'1 l %: l'aumento di disoccupati del 1992 al 1993 è atteso intorno alle + 130.000 unità, che appare superiore a quello previsto per l'Italia nelle elaborazioni fatte dagli esperti dell'Ocse e comunque non inferiore a quello italiano anche con ipotesi più realistiche sul peggioramento prevedibile della problematica occupazionale in Italia. L'esperienza italiana, come quella degli altri paesi europei menzionati, rivela che i crescenti problemi di disoccupazione/sottoccupazione continueranno ad essere concentrati soprattutto nelle regioni con struttura produttiva ed occupazionale più debole. Ne discende che, per affrontare adeguatamente tali problemi, si impone una strategia di perseguimento (nell'intera Comunità Europea) di una convergenza economica reale delle diverse regioni ed aree della Comunità. 2. Le differenze regionali si aggravano Da un'analisi accurata fatta dagli esperti della Comunità Europea su «integrazione europea e mercati del lavoro regionali»emerge che già nella seconda metà degli anni '80 si era registrato un deteriora- .• ~ ,-'i.~.,6; .._ ___ ,O:..' • • ',j-. a, ,. ' ~~--~ A> ,,•:;~ '-: •:~_.: ~~ .. -- :;::' '_--::;:;::;. ~ . 66 mento delle condizioni occupazionali delle regioni con minore sviluppo produttivo, rispetto a quelle di altre regioni più sviluppate, in parte a causa di una minore creazione di posti di lavoro aggiuntivi, in parte a causa della maggiore crescita della loro popolazione in età lavorativa. Un indice sintentico che esprime, molto meglio del tasso di disoccupazione, i risultati di tale deterioramento è il cosiddetto tasso di occupazione, cioè il rapporto tra occupati e popolazione in età lavorativa. Nel 1985, il tasso di occupazione nei 12 paesi della Comunità era il 58, 1 %; a fine anni '80, tale tasso appare cresciuto al 61%, in concomitanza di un aumento molto rilevante dell'occupazione complessiva ( + 10 milioni di occupati in soli cinque anni) ed in particolare sotto l'impulso dell'aumento del tasso di occupazione femminile (questa, a livello europeo, risulta cresciuta da 46,6 milioni di unità nella 1985 a 53,2 milioni di unità nel 1991). Diversa è stata però la dinamica del tasso di occupazione, a seconda del grado di sviluppo produttivo delle regioni. Nelle regioni coinvolte nell'obiettivo 1 (regioni in ritardo di sviluppo) per l'intervento dei fondi strutturali comunitari, il tasso di occupazione appare cresciuto soltanto del + 1,5% dal 1985 al 1989, mentre tale tasso risulta aumentato del + 3% nelle regioni più sviluppate, con una differenza ancor più marcata nel caso del tasso di occupazione femminile: questo tasso è passato dal 30% nel 1985 a poco meno del 33% nel 1989 nelle regioni meno sviluppate, mentre risulta aumentato dal 43% ad oltre il 49% nelle regioni più sviluppate .
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==