Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 38 - marzo 1993

zione. Potrà sembrare una ripetizione un po' petulante, ma la strada da percorrere rimane pur sempre quella di una solida concertazione triangolare, fondala sulla politica dei redditi. Infatti ciò che bisogna in tempi stretti decidere è un insieme coordinato di azioni che rendano credibili, agli occhi della genie, progetti di «rianimazione» dell'economia in funzione dell'obiettivo primario della tutela «ad oltranza» del valorelavoro, cardine di un rinnovato welfare siate. In sintesi si tratta di: - individuare un diverso sistema di prelievo contributivo sui salari, che tenda a penalizzare il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario, e, nel medesimo tempo, costituire e favorire la formazione di contralti di solidarietà, di lavoro pari-lime ed a tempo determinato; - in coerenza con tale indirizzo si rende anche necessario affrontare il problema di una riorganizzazione del sistema produttivo che favorisca la nascita di nuovi posti di lavoro adottando appropriale misure di sostegno ai processi di mobilità, indennizzando adeguatamente i lavoratori colpiti da fenomeni di ristrutturazione, e di riduzione degli orari di lavoro; - d'altro canto la mutevolezza degli scenari socio-economici sui quali si colloca la rivoluzione tecnologica che stiamo vivendo, impone l'obbligo di dedicare maggiore attenzione al problema della crescita della cultura delle nuove generazioni. L'adozione di interventi funzionali all'obiettivo politico del rilancio occupazionale presuppone quindi l'innalzamento dei limiti di età attualmente stabiliti per l'assolvimento degli obblighi scolastici; - occorre anche immaginare un più realistico approccio al problema della formazione professionale: non vanno, infatti, spese troppe parole per dimostrare la sostanziale inefficacia degli strumenti disponibili, inadeguati rispetto all'esigenza di mantenere il potenziale di utilizzo della risorsa umana su livelli corrispondenti alle esigenze del mondo della produzione. È sollo gli occhi di tutti lo spettacolo conlradditorio di una società nella quale, in presenza di masse di lavoratori espulsi dai cicli produttivi per mutamenti dei processi, si constata quotidianamente {)!LBIANCO ~ILROSSO OXfSS0HA '.~ .·.·. i y'-.:•-. ' • ~ j,__ ;? . • 'i:i, .. ... ,: ,.~l 1 1 ... ' ' -~ -: .. " t ' .~ .... -~~;il ··- , .. \- ... '',.sr, .. I : • I t· ;'.' : ~ ~~~~✓,-:_. 7~ , __. ~J,'; ~--~... ) - ., ___ -·. -~ --· ,_o .. t l'impossibilità per le imprese di far decollare nuove attività a causa della persistente carenza di operatori qualificati. L'adozione di misure adeguale rispetto all'obiettivo dello sviluppo dell'occupazione ha un costo, naturalmente; sorge quindi spontanea la domanda: chi paga? Se ogni ipotesi di aumento del carico contributivo sul mondo della produzione appare, in una situazione come l'attuale, assolutamente impraticabile, c'è da dire anche che le condizioni delle finanze pubbliche sono tali da rendere irrealistico un impegno da parte dello Staio. Non resta quindi che reperire le risorse necessarie da una lolla efficace all'evasione fiscale e contributiva, da una riduzione dei costi della «macchina» pubblica e da una «politica della lesina» per ciò che si riferisce agli interventi dello Stato sociale. Non intendo in questa sede entrare nel merito di ciò che andrebbe fallo per combattere il fenomeno dell'evasione fiscale o per contenere i costi di funzionamento dell'apparato statale. 49 Mi limito quindi ad affrontare il tema delle restrizioni nel campo dell'assistenza sanitaria e della previdenza, anche se sono convinto che parlare di tagli non è mai piacevole, e tanto meno lo è se una limitazione nel godimento di benefici ai quali si era fatta l'abitudine viene imposta in un momento di generale difficoltà. D'altra parte nelle cosiddette «pieghe» del nostro sistema di tutela sanitaria e previdenziale, formatosi in un contesto mollo diverso da quello presente, si celano innumerevoli privilegi ed «illogicità» che danno luogo a sperpero di risorse, oltreché a sostanziali ingiustizie. Anche se mi rendo conto che si tratta di questioni che richiedono ulteriori, accurati approfondimenti, ritengo in ogni caso che il tema di una revisione degli interventi dello Stato sociale per liberare risorse a sostegno dello sviluppo e dell'occupazione, debba essere affrontato da quattro punti di vista: - quello relativo al fenomeno delle «pluripensioni». Non mi sembra infatti ulteriormente giustificabile l'erogazione, in capo alla stessa persona, di una molteplicità di trattamenti pensionistici, in buona parte corrisposti attingendo alle risorse messe a disposizione dalla intera collettività; - analogamente, e per identiche ragioni, sono dell'opinione che l'attuale disciplina delle integrazioni al trattamento minimo debba essere rivista; - non minore rilevanza riveste ai fini di un ripensamento, in termini di maggiore equità, la questione dei contribuii «figurativi» e dei cosiddetti «sconti contributivi»; - soprattutto va completamente ribaltata una concezione dell'intervento pubblico che ha ormai fatto il suo tempo. Non è più accettabile la filosofia del «welfare» centrata sui bisogni e sui diritti dell'individuo, che ha finito per penalizzare il reddito familiare. Trasferimenti finanziari e servizi gratuiti o semi-gratuiti (sanità, previdenza, scuola, ecc.), agevolazioni fiscali non dovrebbero essere più commisurali al reddito individuale ma a quello del nucleo familiare. Attraverso la via del reddito familiare si otterrebbe una maggiore soddisfazione sociale con un minore impegno finanziario dello Staio. L'appuntamento della nostra economia

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