Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 38 - marzo 1993

i)!LBIANCO ~ILROSSO 1•11 SSi 1Htl Versoilduemila: menoStato, più società L o Stato sociale, nelle sue diverse versioni,ha operato su quel particolare snodo tra mercato e società che continuamente traduce la crescita economica in sviluppo sociale e in opportunità di cittadinanza. Senza questo compromesso redistributivo non ci sarebbe moderna cittadinanza democratica. Per questo è grave il ritardo della sinistra nel disegnare credibili strategie di uscita dalla crisi dello Stato sociale. Sulla crisi di legittimazione sociale che aveva già scosso la tradizionale concezione lavoristica e statalistica del welfare, incapace di dare risposta alle nuove domande di cittadinanza sociale, si sono innestati i colpi delle politiche di rientro dal deficit pubblico. L'intreccio tra recessione e politiche monetariste esaspera i costi sociali finoad un punto che potrebbe condurre a tensioni ingovernabili. La sinistra europea, intanto, non riesce a contrastare la deriva che sta conducendo verso un welfare residuale, un welfare dei poveri. Sta sulla difensiva e non riesce ancora a mettere in campo un nuovo progetto. Lacrisi dello stato sociale non è il frutto dell'aspro conflitto distributivo che le forze neo-liberiste hanno ingaggiato negli anni '80. Quel conflitto è semmai legato alle trasformazioni dei meccanismi di sviluppoe dei nessi tra sviluppo e società. Lavia lavoristica e nazionale al welfare è tramontata insieme all'illusione dello sviluppolineare, produttore di crescente ricchezza sociale. Non c'è più un nesso scontato tra crescita economica, crescita dell'occupazione e sviluppo sociale. A scala mondiale si presenta oggi una inedita questione sociale frutto dei condi Franco Passuello traccolpi del sottosviluppo e del malsviluppo. La mondializzazione dei mercati ha accentuato l'interdipendenza e non reggono più le strategie che confinavano i costi del modello quantitativo e intensivo di sviluppo alle aree più deboli: così confermano la vicenda del debito estero, i giganteschi flussi migratori da Sud e da Est verso Nord Ovest, la questione ambientale nei contorni emersi dalla conferenza di Riode Janeiro. Il nesso tra crescita economica e sviluppo sociale è spezzato dalla mondializzazione cieli'economia anche su un altro versante: la crescente vocazione finanziaria e transnazionale dei capitali sottrae la ricchezza ai vincoli e agli obblighi di solidarietà nazionale, sfugge alla potestà fi41 scale degli stati-nazione. Al polo opposto, a dimensione locale; le trasformazioni del lavoro e dell'impresa hanno disseminato nella società, fin dentro la vita quotidiana, forme di produzione di beni e servizi che producono ricchezza anch'essa ingran parte sottratta agli obblighi di solidarietà (evasione fiscale e contributiva). Siamo tutti in attesa della «ripresa». Ma una reale ripresa dello sviluppo dentro gli attuali paradigmi si potrà avere soltanto inasprendo la questione sociale e ambientale all'interno dei sistemi sviluppati e a scala planetaria. Una reale uscita dalla crisi dello stato sociale può dunque essere trovata soltanto progettando, insieme ad un nuovo modello di sviluppo qualitativo e sostenibile, nuove strategie transnazionali di solidarietà e di cittadinanza. Non si tratta, allora, di arginare le diverse tendenze alla liquidazione del wel.- fare con aggiustamenti e razionalizzazioni che tirano la corda della logica laburistica fino al punto di inasprire l'iniquità del vecchio sistema, come invece fanno tutte le proposte di riforma della previdenza oggi sul tappeto. Si tratta di progettare una fase di transizione. È vero, ci sono margini di razionalizzazione che vanno recuperati, me se intanto non si apre una dinamica nuova crescerà (tanto più in una fase di crisi strutturale dell'occupazione) la frattura tra lavoro e non lavoro, tra sindacato e nuovi movimenti della cittadinanza. Una transizione verso una nuova politica della cittadinanza deve, anzitutto, rinnovare una reale scelta universalistica. È la pari dignità di ogni persona umana e di ogni comunità che fonda il diritto alla cittadinanza. Non si è cittadini perché si

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