Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 38 - marzo 1993

al meglio l'ideale del service siate. Quanto ritengo saliente è, per dir così, l'adozione costituzionale di un criterio di urgenza che definisca i minima moralia di cittadinanza. In una prospettiva filosofica, quest'idea è coerente con i requisiti di imparzialità, impersonalità, generalità e universalità che devono essere soddisfalli da una concezione di giustizia distributiva degna di questo nome. Lo staio sociale minimo soddisfa i fini e i principi di giustizia distributiva selezionando universalisticamente quanto ciascuno deve a ciascun altro. Ciò implica che i cittadini e le cittadine siano concettualizzate come agenti responsabili e siano assicurate rispetto alla sorte di esser convertite in pazienti e specifica un'interpretazione in termini di eguaglianza democratica dell'idea di «fraternità» o del «sentimento» di solidarietà di cittadinanza. È sotto questa condizione, che coincide con una contrazione dell'agenda pubblica statuale, che si apre la via societaria al welfare. L'idea non è quella residuale: una sorta di spartizione di campo fra giustizia sociale e carità più o meno intesa. Deve essere responsabilità delle istituzioni dello stato sociale minimo non solo assicurare la for- {)!LBIANCO W.ILROSSO 1111 ).'ffl i H ;J nitura dei minima moralia di cittadinanza, ma anche incentivare tutte quelle forme di azione collettiva che hanno effetti «pubblici» e che sembrano poter fronteggiare in modo più efficace e rispondente le dimensioni multiple dello svantaggio. Io non penso solo a un mix fra pubblico e privato nel senso canonico della dicotomia fra stato e mercato: penso a diversi modi, statali e societari, di generare beni pubblici. Una delle caratteristiche salienti dei nuovi problemi generati dalla soluzione dei vecchi è la continua riclassificazione analitica delle dimensioni dello svantaggio, dell'handicap o del deficit: al di là delle dimensioni «oggettive» o «impersonali» (che nella mia ipotesi sono pertinenti nell'agenda dello stato sociale minimo: si pensi all'idea del reddito minimo di cittadinanza) assumono una rilevanza più intensa le dimensioni «soggettive» e «personali» del deficit di uomini e donne che hanno diritto a guidare la propria vita. Allora, in questa prospettiva, una etica impersonale delle ragioni dell'eguale cittadinanza deve consentire e incentivare la fioritura di una etica della cura che è più rispondente ai molteplici volti della ·•.;. '~ .• ;~:~~~.:.;►-~· •. ·:';. 36 sofferenza socialmente evitabile. Di qui, l'idea di un criterio di urgenza impersonale e oggettivo che si basi sulle ragioni di chiunque e di una varietà societaria e comunitaria di criteri e pratiche sensibili nei confronti della soggettività del bisogno e delle domande personali di solidarietà. Le ragioni neutrali della reciprocità (minima moralia) devono poter far fiorire le motivazioni per la cura e la sollecitudine verso altri che hanno vite biografiche: l'altruismo, come è stato osservato, è una curiosa risorsa che non decresce quando viene investita e consumata. Se lo stato del benessere resta per noi, eredi delle grandi tradizioni emancipatorie liberali e socialiste, il termin usa quo di un progetto di civiltà prendere sul serio il terminus ad quem di un circolo virtuoso fra via statuale e via societaria e comunitaria alla minimazzazione della sofferenza sociale è qualcosa come un impegno. Ciò - credo - vale o dovrebbe valere per chiunque, quale che sia la sua concezione del significato ultimo della vita, abbia cura del fatto che, come lui, altri (prossimi o remoti) hanno l'eguale diritto a vivere una vita che sia degna, per una varietà di ragioni, di essere vissuta.

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