sogno vitale tanto quanto la nostra speranza. Siamo una potenza grande per le sue ambizioni, ma media per le sue dimensioni. La nostra grandezza nascerà solo dall'unione e dalla condivisione. Prendiamo l'esempio della moneta unica. Discutere sulla sua necessità è, a mio avviso, una discussione superata: l'unica discussione che abbia senso su questo argomento è come fare questa moneta al più presto, a costo - se necessario - di farla solo tra alcuni anziché tra i dodici. Niente accadrà di forte e duraturo se non all'interno dello spazio europeo. Dappertutto esistono forze politiche che condividono le nostre speranze e il recente colloquioorganizzato da Jacques Delorsha rivelato la ricchezza e il dinamismo della socialdemocrazia europea con cui, sempre dappertutto, altri sono pronti a lavorare. Nonabbiamo il diritto di mettere a maggese questo campo immenso e portatore di speranza. Siamo altrettanto stretti nelle frontiere del nostro paese che lo saremmo rimanendo nelle frontiere del nostro partito. Ebbene, la storia non aspetta. Il nazionalismo bellicoso ali'esterno, la demagogia all'interno, sono - oggi - le minacce di domani. Ma mi affido alla ragione dei francesi perché riescano a riprendersi, perché smentiscano i pronostici più pessimistici. Dovremmoproprio dargliene motivo? Ladestra è un effetto dei nostri errori Avrete notato che non ho ritenuto utile parlare della destra. Alcuni possono anche esserne delusi. Vi dirò il perché della mia decisione: il nostro problema oggi, non è la destra, siamo noi. Se i risultati previsti si confermano, non sarà la sua vittoria, bensì la nostra sconfitta. Allora, non è indispensabile passare troppo tempo a mettere in luce i suoi difetti, i francesi li conoscono. È l'insieme del mondo della politica e dei mass media che i francesi vedono oggi un po' come i nostri antenati vedevano in passato la corte di Versailles: un mondo troppo chiassoso, troppo lontano da loro, e sospetto di qualsiasi turpitudine. Non crediate che i francesi si facciano illusionisulla destra, ma sappiate che se, {)!LBIANCO ~ILROSSO 11111 •1~• WNlt◄lf*•B comunque, pensano di affidarle il potere, questo dà l'esatta misura dei rimproveri che ci muovono. Ebbene, il primo di questi rimproveri è di non aver detto sempre loro la verità, di non aver riconosciuto i nostri errori. Abbiamo commesso un errore nel 1981, quando abbiamo promesso meraviglie e non abbiamo riconosciuto questo errore. Abbiamo effettuato un sferzata economica necessaria e coraggiosa nel 1983, e l'abbiamo presentata semplicemente come un brutto momento transitorio. E, ancora più disdicevole, alcuni di noi, mettendo in discussione la propria probità, hanno per questo semplicemente fatto, cessato di meritare il bell'appellativo di socialista, e abbiamo tardato a riconoscerlo. Aggiungiamo infine che spesso non abbiamo veramente visto il mondo che cambiava intorno a noi. Sì, abbiamo commesso degli errori, a volte errori gravi. Questi errori, da dove sono venuti? Prima di tutto da una modalità di funzionamento che ci siamo dati e che è ormai superata. Reinventare il socialismo Socialista sono da sempre e socialista morrò. È così che definisco ciò in cui credo. Ma ciò che costituisce un elemento d'indentificazione dal punto di vista individuale è diventato un elemento di confusione del punto di vista collettivo. In «Partito socialista» c'è «partilo» e «socialista», ebbene, ognuno di questi due termini deve essere oggi ricostruito. Lo stesso nome di socialismo ha preso forma in una concezione del mondo interamente fondata su rapporti di produzione, su rapporti di classe dei quali ho detto all'inizio che avevano cessato di essere gli unici fondamenti dell'azione politica. Essere fedele oggi significa prendere atto di questo fatto. Ma che dire del partito stesso? Chi può credere che potrà rimanere una società chiusa, legata ai suoi riti, dedita a liti campanilistiche o lotte di corrente, e che pretenda offrire ali'esterno un discorso monolitico rispetto al quale qualsiasi disaccordo è un dramma, qualsiasi devia29 zione è sacrilega, e che non accetta alleati, se non in un vincolo di sottomissione? Ciò di cui abbiamo bisogno, ciò a cui vi chiamo, è un vasto movimento, aperto e moderno, estroverso, ricco della sua diversità e che addirittura l'incoraggi. Un movimento che raggruppi in federazione tutti coloro che condividano gh stessi valori di solidarietà, lo stesso obiettivo di trasformazione. Di questo movimento avevo già traccialo un abbozzo a Bordeaux. Si estenderà a quanto di riformatore c'è nell'ecologia, a quanto di fedele a una tradizione sociale c'è nel centrismo, a tutto ciò che di veramente rinnovatore c'è nel comunismo e a tutti i militanti attivi e generosi che esistono oggi nel movimento per i diritti dell'uomo. E in tutto questo insieme, ci sono innumerevoli uomini e donne che hanno sempre fatto le grandi lotte insieme a noi. Molti sono oggi come orfani di una causa, ma sempre disponibili a mobilitarsi di nuovo per qualcosa che ne valga la pena. A questo vago raggruppamento tutti dovranno prendere parte attiva, ne sono certo. In questo vasto raggruppamento ognu, no dovrà trovare il suo posto ed è per questo che, insieme allo scrutinio maggioritario, credo sia indispensabile unire una certa dose di proporzionale. Certo, so che il periodo attuale si presta male a questo «big bang» politico al quale aspiro. Troppi interessi contraddittori, troppe considerazioni tattiche l'ostacolano oggi. Ma dopo le elezioni legislative dovremo costruire rapidamente il movimento, lo strumento di trasformazione di cui la Francia ha bisogno, con tutti coloro i cui valori sono compatibili con i nostri, anche se alcuni di essi sono attualmente nostri concorrenti. Essi scopriranno, o si ricorderanno, quanti sono nelle nostre fila i militanti sinceri e disinteressali, gli eletti devoti e capaci. Con un movimento di questo genere potremmo essere Ira i primi a dare forma a una prassi di cui si intravede la futura generalizzazione in Europa, nell'insieme di questa sinistra europea di cui abbiamo bisogno e che ha bisogno di noi. Sì, indubbiamente, la rinascita che sollecito non è un meno, è un di più per la sinistra, un'emergenza per la Francia( ... )
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