Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 38 - marzo 1993

to di andarne orgogliosi. L'abolizione della pena di morte, il decentramento, la pensione a 60 anni, la libertà dei massmedia, e molte altre ancora, sono trasformazioni che abbiamo introdotto noi, quasi sempre da soli. Questa fedeltà alla volontà di trasformazione si esprimerà nei fondamenti stessi e nelle prospettive della nostra azione futura. Pensiamo prima di tutto all'uguaglianza delle opportunità e all'occupazione. Sono due argomenti che devono essere unili. Prima di tutto attraverso ciò che chiamerei la costante uguaglianza delle opportunità. L'uguaglianza Da decenni ormai ci preoccupiamo dell'uguaglianza delle opportunità e crediamo di aver fatto il nostro dovere quando abbiamo messo tutti i francesi su un piede di parità, allo stesso nastro di partenza. Si pensa che la scuola laica, gratuita e obbligatoria sia sufficiente. Ebbene no. La scuola non è sufficiente. Se qualcuno non ha potuto cogliere questa opportunità non ha un'altra possibilità di vedersela presentare. Eccolo inserito nel conio profitti e perdile di un sistema che non può più fare molto per lui. Certo il credilo-formazione che abbiamo crealo gli offre un possibile recupero, ma limitato, e spesso effimero. In realtà, viviamo sempre su un model- {)!LBIANCO ~ILROSSO lo superato, quello di una vita divisa in tre età, schematicamente in questo modo: i primi venti anni, durante i quali ci si forma e si fa solo questo, i quaranta successivi, durante i quali si lavora, e si fa solo questo, poi il tempo che rimane da vivere, durante il quale ci si riposa e si fa solo questo. Questa epoca è superata. Non corrisponde più né alle aspettative delle persone né all'allungamento della durata della vita, né ai bisogni della società. Un pensionalo non lavora certamente più sotto forma salariata, ma per fortuna e ben lungi dall'essere inattivo. Un lavoratore si attiva molto, ma per fortuna ha anche momenti di vero riposo e a volte nuovi periodi di formazione. In realtà, la società di domani ci consente una diversa suddivisione della vita, nella quale le fasi di formazione, lavoro e riposo si intersecano, anziché succedersi l'una all'altra. Ed è a ognuno di questi diversi stadi che l'uguaglianza delle opportunità dovrà essere garantita, in modo continuo, e non una volta per tutte. La società non ha assolto tutti i suoi compiti solo perché ha offerto una tantum la possibilità di usufruire della scuola. L'uguaglianza delle opportunità è più esigente. Ognuno ha diritto a un'uguaglianza continuativa, nessuno deve essere irrimediabilmente abbandonato a un certo momento della sua vita. È per tutti questi motivi che collego la costante uguaglianza delle opportunità e la questione dell'occupa1·- . -:-· --•;, ·. 27 zione. Sì, bisogna condividere il lavoro. Ma non è certamente sufficiente dirlo così. Bisogna crearne le condizioni, equesto richiede una vera e propria rivoluzione delle mentalità. Nuove frontiere del lavoro Dato che oggi nel lavoro risiede qualsiasi tipo di dignità, cedere un po' del proprio lavoro viene spesso percepito come cedere un po' della propria dignità, anche indipendentemente dal problema del reddito. Fintanto che le cose staranno così, la condivisione non sarà mai all'altezza delle necessità. Al contrario, il giorno in cui si cesserà di appare artificiosamente i lavoratori attivi a quelli non attivi, il giorno in cui si capirà che non esiste un'età per ogni cosa, ma dei tempi per tutto, dove l'attività compiuta a beneficio degli altri - per piacere o devozione - non sarà percepita come di valore inferiore a quella svolta al solo fine della remunerazione, allora e solamente allora, la società avrà compiuto un progresso verso il futuro, ma avrà anche creato le condizioni di una vera condivisione del lavoro. La politica dell'occupazione deve ovviamente attaccare la disoccupazione su tutti i fronti, quello della riduzione del tempo di lavoro, dell'aumento dei posti di lavoro di utilità collettiva, della diminuizione degli oneri sui posti di lavoro meno qualificali. Sì, su tutti i fronti e su altri an-

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