Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 38 - marzo 1993

D!LBIANCO ~ILROSSO iiiiiilit;i marlo «Codice deontologico», perché la categoria di ribellerebbe ... ): - tutela della dignità della persona: diritto di rettifica con pari evidenza, correzione di errori, cautela verso i reati minori; - tutela dei minori e dei soggetti deboli: mantenimento dell'anonimato, valutazione dei danni possibili, ecc.; - accertamento delle fonti, con chiara distinzione tra spazi giornalistici e spazi pubblicitari (ad esempio, non citare nomi commerciali oscoperte scientifiche che possono indurre al consumo intempestivo, nel campo dell'informazione sanitaria), e garanzie dell'esercizio professionale: rispetto del silenzio stampa richiesto da familiari, valutare le informazioni coperte da segreto professionale, astenersi da indugiare su situazioni raccapriccianti, ecc.; - rispetto di precise incompatibilità: non sfruttare a fini finanziari notizie riservate, non aderire ad associazioni segrete, non accettare rimborsi o benefits da enti o fonti, mantenere distinta attività di «scrittura» da quella per eventuali uffici stampa, ecc. Non ci sono affermazioni sconvolgenti. In qualche caso - come nel diritto di cronaca - qualche impegno in più ci stava bene, vista la situazione in cui cade la «Carta». Forse proprio per questo non si è voluto farne una sorta di «risposta» alle ipotesi condizionanti espresse da parte del ceto politico. Resta la sensazione del ritardo di uno strumento come questo, che in Francia esiste dal 1918. La sua prima stesura non può essere per forza di cose esaltante o perfetta. All'interno del mondo giornalistico, darà comunque vita a mugugni e sospetti di strumentalizzazioni. 24 All'esterno, potrà sembrare vacua per la sua «leggerezza». Faustini ha ragione almeno su un punto: quando rileva che la «normativa deontologica è a garanzia del cittadino ed è compito questo che riguarda non solo i giornalisti, ma anche gli altri Ordini professionali perché si realizzi il progetto costituzionale di una corresponsabilizzazione delle formazioni sociali intermedie nel!'attuazione dei diritti dei cittadini, mantenendo le individualità personali e professionali». In questo senso il lettore ha da oggi un possibile amico in più. È una sfida non da poco per gli Ordini regionali. Sapranno diventare «interfaccia» credibile per l'utente? Sapranno esprimere interessi non più solo di parte? Sapranno «salvarsi» dalla montante domanda di lé;J.vacroetico che si alza dalle piazze, dimostrando che c'è una professione che accetta la propria crisi ed è pronta a ridiscutere le sue stesse attribuzioni? La «Carta dei doveri» non garantirà un'informazione migliore, ma sarebbe bello servisse almeno a fare giornali più «puliti», meno viziati dalla routine, dal!' approssimazione, dal gusto del sensazionalismo. Resta da vedere se i primi segnali di consolidamento di questo discorso potranno far aprire anche spazi editoriali per esercitare un ruolo più «alto» verso l'opinione pubblica, in chiave di servizio. Tutto sommato la Rai lo ha capito da tempo, «convertendo» alcuni suoi palinsesti in fasce di minore ascolto ai temi del sociale, affrontato più o meno con intelligenza o spettacolarismo. A quando testate giornalistiche (alcune già se ne vedono) meno disegnate sui target delle inserzioni pubblicitarie già predefinite in partenza, e più sulla «fame» di orientamento di un Paese culturalmente tutto da rifondare?

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