Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 38 - marzo 1993

{'!LBIANCO ~ILROSSO iii•iil•ii no sull'Italia, mettendone in forse lo stesso progresso economico finora raggiunto e la appartenenza all'Europa. Mi riferisco alle riforme elettorali, al risanamento dell'economia italiana ed al rilancio dello sviluppo e della occupazione. Queste sono le vere emergenze per tutti. Ma c'è modo e modo di affrontarle. 6. Più che mai l'onere della prova spetta ai riformisti. Devono mostrare che esistono modalità politiche ispirate a princìpi etici per risanare le istituzioni e l'economia che sono comuni ai riformisti e diverse da quelli proposti dalle forze conservatrici. Su questi principi di fondo credo abbia ancora senso misurare la differenza fra destra e sinistra o, se si vuole, fra conservazione e difesa dei privilegi di pochi e maggiore giustizia sociale, con più equo accesso ai benefici del progresso. Gli spartiacque possono essere anche su poche questioni: come distribuire i sacrifici, come riassestare il sistema fiscale, come modificare lo stato sociale. Su questi problemi a Milano è aperto un confronto, ancora confuso, fra forze politiche, movimenti e gruppi vari. Non è sicuro quanto possano essere utili al riguardo, e come possano interloquire i partiti tradizionali; una precondizione è che accelerino in modo visibile il processo di autoriforma finora troppo lento e che abbandonino le logiche di parte finora prevalenti. 13 In ogni caso è difficile che a Milano essi (o molti di essi) possano ripresentarsi alle prossime elezioni con propri simboli e uomini propri. Vale più che mai oggi quello che si diceva da molti gruppi, compreso ReS, l'anno scorso: che il dialogo con i partiti è necessario, ma comporta un loro «arretramento» rispetto alle istituzioni; che occorre ricercare non nuovi agglomerati partitici, ma un coordinamento fra tutte le associazioni e gruppi della società civile intenzionati a cambiare le regole e gli obiettivi del governo locale, dove tutti i progressisti possono ritrovarsi per operare in tale direzione. Tale coordinamento dovrebbe tendere alla formazione di una o più liste civiche, composte di uomini nuovi ed onesti e competenti, a seconda del grado di convergenza verificato sulle soluzioni da dare ai problemi della città. È chiaro, almeno per me, che tali liste non potranno essere liste partitiche mascherate. È anche dubbio che basti una federazione o un'allenza fra le esistenti forze politiche di sinistra, più o meno aggiustate. Mentre per le istituzioni sono convinto che occorra più che mai una difesa della loro funzionalità, fino alle nuove regole, gli schieramenti partitici invece sono in stato troppo avanzato di destrutturazione perché si possa restaurarli. Non è chiaro come, ma occorre cercare forme nuove di riaggregazione dei riformisti. Oltre a verificare la governabilità di Milano in questa fase preelettorale, un test immediato per la praticabilità di un qualche polo nuovo rifor-

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