Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 36/37 - gen.-feb. 1993

giustamenti, ipotesi di lavoro come quelle formulate nel vivo del confronto culturale e politico degli anni 80? O sono maturi i tempi per una revisione della legge 194e, se sì, su quali basi? La mia personale opinione è che se oggi si accedesse all'idea di una revisione, questa darebbe - al di là di ogni intenzione iniziale - esiti non meno ma più aboristi. Secondo la mia percezione, dal 1981 ad oggi almeno una delle culture che allora si confrontarono ha subìto una evoluzione profonda, che ne ha mutato la dislocazione. Mi riferisco a quell'area del femminismo che ruotava attorno al Pci e che introduceva nel dibattito un'impronta eticosociale, mentre oggi manifesta, sia pure confusamente, una vocazione che definirei di «libertarismo tutto al femminile» nella quale il «potere-donna» si esercita in modo esclusivo su tutta la sfera delle decisio- .PlLBIANCO \XILROSSO l•i•#i#hltl ni che riguardano sessualità, vita affettiva, maternità. Né le esigenze della realpolitik possono far cambiare opinione a quell'area liberal socialista che, in sintonia con il movimento radicale, dette il maggiore impulso alla legislazione detta dei «diritti civili». Può darsi che in una società in via di crescente frantumazione e attraversata da imponderabili movimenti le cose si assestino in modo diverso. Ma poiché non ne vedo i segni non posso dire il contrario. Semmai qualche sintomo di flessibilità costruttiva potrebbe cogliersi sull'altro versante, dove il tema della vita viene sempre più consapevolmente declinato anche oltre gli aspetti del concepimento e della salvaguardia del nascituro ma investe anche i temi della pace, dello sviluppo e delle salvaguardia del creato, fino al punto da motivare qualche opposizione parlamentare al coinvolgimento dell'Italia in imprese mili57 tari. Andrebbe poi valutato se nelle argomentazioni più recenti del «Movimentoper la vita» non vi siano elementi per una riconsiderazione del ruolo e della presenza dei credenti nelle strutture pubbliche. Analisi ed esperienza suggerirebbero insomma di non imboccare la via della nuova legislazione - complicata oltretutto da uno stato di generale paralisi istituzionale - ma semmai di prepararla attraverso una rilettura della legge 194in modo da attuarne le parti disattese, che sono poi quelle che, nelle intenzioni di chi la difese nel referendum, avrebbero dovuto evitarle il titolo di «legge abortista». Non rivedere la legge, ma rivedere le prassi che attorno ad essa si sono consolidate: quella degli aborti facili e quella dei «non expedit». È la via più difficile, ma forse altre non ve ne sono per impedire che l'aborto cessi di essere un problema per le persone e per la società.

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